Se a quelli della mia età parlo di Levi’s quasi tutti ricordano lo spot del 1984 ambientato in una lavanderia wash&go con un ragazzo che sulle note di “I Heard It Through The Grapevine” di Marvin Gaye, sfilava occhiali da sole e tutto il resto, compresi i suoi jeans. Rimanendo letteralmente in mutande per poi sedersi tranquillo a sfogliare una rivista nell’attesa, tutto sotto gli occhi compiaciuti delle signore presenti. Di quel giovane si saprà poi il nome, Nick Kamen e troverà la sua strada nel mondo della musica, ma è lo spot che ha messo in ombra altri testimonial come Brad Pitt, Tatjana Patitz e forse, anche se un po’ meno, il più bonazzo di tutti, Flat Eric. Ad eccezione di alcuni spot, negli anni ’80 e ’90 si puntava spesso sulla sensualità maschile. Del resto il primo target dei jeans Levi’s alle origini, sono minatori e cowboy. Delle vere icone di machismo. Ma andiamo per ordine, il brevetto dei moderni jeans, registrato il 20 maggio 1873, nasce da un connubio: da una parte Levi Strauss figlio di imprenditori tessili che vede nella Corsa all’Oro in California una possibile fonte di guadagno, specializzandosi nella manifattura di abiti per minatori; dall’altra Jacob Davis, sarto che decide di applicare dei rinforzi per evitare l’usura nelle parti più sensibili dei pantaloni. Jacob prova con dei rivetti in rame, impiegati nelle coperte per i cavalli (horse blankets), a rinsaldare gli angoli delle tasche. L’esperimento funziona ma è ora di tutelare la scoperta, sembra però che anche allora i sarti non se la passassero benissimo economicamente, così propone al più benestante Levi Strauss di brevettare assieme l’invenzione. Detto fatto! Fino al 1890 possono essere detentori unici della magica formula. Così gli Waist Overalls, come si chiamavano i jeans in un primo momento, perché si indossavano sopra gli abiti civili, sono la divisa ufficiale di minatori e subito dopo dei cowboy. I rinforzi alle tasche servivano proprio perché nel riempirle con attrezzi di lavoro, alla lunga si deterioravano. C’è da fare una precisazione e una differenziazione tra i due termini spesso confusi, jeans e denim. Jeans è il taglio e deriva probabilmente da “genovesi” che era il modello di pantaloni in fustagno, velluto etc. utilizzato dai marinai della città ligure. Denim è il tessuto, deriva da “de Nimes” adotta cioè il nome dal luogo in cui veniva lavorato e ha la caratteristica di avere i fili intrecciati perpendicolarmente (trama e ordito) di due colori diversi, uno chiaro e l’altro blu indaco, sì proprio quella pianta usata in erboristeria per donare ai capelli dei riflessi blu, ma non usatela se avete colori chiari o bianchi perché il verde che si otterrebbe va bene solo se partecipate a un cosplay. Gli Waist Overalls inizialmente erano caratterizzati da 4 tasche totali, tre davanti, compreso quel mini-taschino di cui parleremo poi, e una dietro. Al posto dei passanti per la cintura c’erano i bottoni per le bretelle, non esisteva ancora la zip che arriverà nei primi del ‘900 ma i Levi’s hanno mantenuto come segno distintivo i bottoni anche nella braghetta. Già! Uno dei segni distintivi, perché dal 1890 con la scadenza del brevetto, la concorrenza è dietro l’angolo per scovare clienti in America e in Europa, Lee e Wrangler sono in rampa di lancio. Ed è così che nascono i mitici 501 della Levi’s, perché quel numero altro non è che un identificativo di tre cifre della casa produttrice per distinguersi dalla concorrenza. Il modello base è quindi costituito da tessuto denim e quattro tasche totali. Partono le prime modifiche: le tasche diventano cinque, tre anteriori e due posteriori; cerniera al posto dei bottoni; via i bottoni per bretelle che si sostituiscono coi passanti per la cinta, da ora in avanti il jeans non è più considerato un capo da lavoro, ma diventa di uso quotidiano per uomini e donne. Ma quel taschino dove a malapena ci entrano le falangette? Noto come “watch pocket” era inizialmente utilizzato per riporre l’orologio da taschino, o cipolla. Si legge da diverse parti che le tasche servivano ai minatori per trasportar ANCHE pepite, non è che niente niente quel taschino-nascondiglio potesse essere usato accidentalmente per riporre piccole schegge d’oro? Non si sa, certo è che una volta smessa la funzione di porta-orologio, visto che l’orario si legge ormai al polso, quel taschino è rimasto e dobbiamo dargli una funzione. Quei diavolacci del settore marketing Levi’s sempre puntando al jeans=richiamo sessuale che manco John Flügel, suggeriscono di nasconderci tra le altre cose, i preservativi. Lo suggeriscono in uno spot del 1995 dove un giovane acquista una scatola di preservativi, nooooo non pensate a quelle che trovate ora in farmacia, è una mini confezione da tre. Una volta che il giovane ha ben nascosto l’astuccio, si reca a casa della ancora-non-ufficiale fidanzata ed ecco che ad aprirgli la porta è il padre ovvero l’uomo che la mattina gli ha venduto i condom. Del resto perché pensate che negli stessi anni andavano di moda jeans attillati, grazie al mix denim-elastan, che risaltavano le forme, e si preferiva la tinta délavé ottenuta dallo sfregamento della pietra pomice, guarda caso stinta proprio nella zona-paccage dell’uomo e nelle natiche nei modelli femminili? Il jeans doveva essere una copertura-non-copertura delle forme. Sì, ne è passata di acqua sotto i ponti e ne abbiamo visti di ogni tra i modelli cambiati nei decenni. Io personalmente sono passata dalla zampa d’elefante della mia infanzia ai modelli a sigaretta degli anni ’80 nell’adolescenza. E siccome ereditavo i pantaloni della mia sorella più grande, quando li usavo io, non è che fossero proprio all’ultimo grido, così nelle mie uscite “in cerca”, trasformavo il modello “a zampa” stringendolo alle caviglie con degli spilloni, eh se mi avesse visto Armani, mi avrebbe promossa a fashion influencer. Negli stessi anni impazzavano gli Americanino, mentre la vera tenuta del figo de bidda era costituita da salopette, rigorosamente con una bretella tenuta sbottonata e completavano l’outfit le Olandesine del Dr Scholl ai piedi. Sono poi arrivati i jeans a vita bassa, quelli che se ti accovacciavi mostravi la riga separa-chiappe che manco un idraulico sotto al lavello, per poi tornare alla vita altissima che dai davvero, forse stanno bene solo alla Ferragni, forse. E nello stesso tempo si è abbassato il cavallo, al ginocchio, che a vedere certi giovini, capisci che servirebbero anche a te proprio perché osservandoli “te ne scendono a terra”.
Una storia affascinante quella dell’evoluzione dei jeans, modelli più o meno gradevoli si sono succeduti nel tempo. Una cosa però spero passi velocemente di moda, vi prego, ve lo chiedo prostrandomi, evitate quell’arma ammazzaormone: il famigerato risvoltino.
Sparo pixel alla rinfusa, del resto sono nata sotto un palindromo (17-1-71), non potevo che essere tutto e il contrario di tutto. Su una cosa però non mi contraddico «Quando mangio, bevo acqua. Quando bevo, bevo vino» (cit. un alpino)
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