Aurora, sobborgo di Denver in Colorado. Al Multiplex Century 16 sta per essere proiettata la prima del film Il cavaliere oscuro – Il ritorno. Allo scoccare della mezzanotte, il calendario segna il 20 luglio. Inizia la proiezione, va in scena la lotta tra il Bene e il Male. Un giovane seduto nella sala 9, raggiunge un’uscita di emergenza per telefonare col suo cellulare. Si saprà poi che quella telefonata era finta, era solo un escamotage per poter uscire e raggiungere la sua auto, una santabarbara su quattro ruote. Raccoglie tutte le armi necessarie per il suo progetto. Rientra in sala, da quella stessa porta lasciata socchiusa, vestito con una divisa anti-sommossa. Lancia delle bombe lacrimogene, gli spettatori sono convinti si tratti di una trovata pubblicitaria, anche quando quel ragazzo dai capelli arancioni che grida “I’m Joker” spara i primi colpi in aria. Ma subito dopo si capisce che non sono effetti speciali. Ha inizio l’orrore.
La mezzanotte è passata da mezz’ora. Oltre al gas lacrimogeno, l’autore di quello che verrà chiamato il Massacro di Aurora, inizia a sparare, è armato di fucili e pistole semiautomatiche. Alcuni proiettili trapasseranno la parete che divide la sala 9 dalla sala 8 dove si sta proiettando lo stesso film e dove verranno colpite tre persone. La prima richiesta d’aiuto arriva al 911 alle 0.39. C’è chi ha chiesto aiuto sui vari social. Alle 0.45 la polizia arresterà l’autore solitario della strage che ha lasciato in sala, 10 morti (altre 2 persone moriranno in ospedale) e 70 feriti. La vittima più piccola è una bambina di 6 anni. Tra i feriti, il più piccolo ha appena tre mesi.
Non voleva bambini tra le vittime, apposta aveva pianificato di entrare a mezzanotte, sapeva che a quell’ora gran parte dei bambini dorme. Questa era la sua Missione
Così James Eagan Holmes ha definito lo sterminio pianificato nei mesi precedenti alla proiezione della Prima di “The Dark Knight Rises”. Una semiautomatica comprata a maggio e a seguire un’altra pistola e due fucili, il tutto accompagnato da munizioni acquistate su internet e una striscia chiodata (Spike strips) utile in caso di fuga per seminare la polizia. Invece il ventisettenne si lascia arrestare. Un comportamento inusuale, come lo definiscono gli psicologi forensi, è molto più comune che l’autore di una strage, si suicidi o venga ucciso dalla polizia per aver opposto resistenza.
James, laureato in neuroscienze nel 2010, aveva lanciato dei segnali prima della tragedia.
Contattò un collega neolaureato per chiedergli se fosse a conoscenza di un disturbo chiamato “mania disforica”. Era consapevole di ciò che gli stava accadendo, se lo era autodiagnosticato. Era in terapia dalla dottoressa Lynne Fenton, psichiatra del campus, per una depressione aggravata dalla rottura con la fidanzata Gargi Datta. La specialista inizialmente pensava che i pensieri omicidi del paziente non fossero poi così allarmanti. Lui non aveva però mai parlato dell’arsenale che aveva collezionato in casa. Quando poi Holmes decide di interrompere la terapia, l’11 giugno, la dottoressa stava iniziando a intravederne la pericolosità. Mostrava manie paranoiche e le confessò che in quel periodo si stava dilettando nella lettura degli scritti di Unabomber (il soprannome del terrorista Statunitense ex-docente di matematica, Theodore John “Ted” Kaczynski). Preoccupata la Fenton avvisò alcuni responsabili del Campus, compreso un agente di polizia. Contattò anche Arlene, la mamma di Holmes, senza però raccontarle del pensiero omicida del figlio. Arlene spiegò che il figlio ormai da anni soffriva di fobie sociali.
Il giorno della strage James telefona a una “crisis hotline”, un ultimo tentativo per tornare indietro, ma è inutile, viene sopraffatto dalla voglia di portare a termine la Missione e riattacca senza parlare.
Così alle 0.30, rientra in sala facendosi coraggio con la musica sparata nelle orecchie «… per non sentire le urla» e 100 mg di Vicodin un antidolorifico che ha tra gli effetti, stati di euforia e allucinazioni, la stessa sostanza che provocò la morte di Heat Ledger, il leggendario interprete di Joker nel precedente episodio “Il Cavaliere Oscuro”. Agirà come un automa. Tutto era stato pianificato e messo nero su bianco in un quaderno. Quegli appunti verranno sottoposti poi alla giuria. L’accusa ci vedrà il progetto di una mente razionale che progettò tutto nei dettagli. La difesa dimostra la malattia mentale, il delirio e le manie del giovane. Appena arrestato, Holmes sarà tenuto in isolamento e costantemente sorvegliato, si teme il suicidio. Le TV manderanno una foto, uno scatto, un primo piano fatto precedentemente alla strage, chi non vede in quello sguardo l’essenza della pazzia? Ma una pazzia razionale, sadica. Lui è il cattivo nella lotta tra il Bene e il Male. Lui con quel ghigno che davvero lo fa assomigliare a Joker.
Arriva l’udienza preliminare, nei giorni seguenti la sparatoria. L’imputato si presenta coi capelli arancioni, come li aveva colorati per il suo piano. Sta seduto ma non è presente, vive in un mondo tutto suo. Gli occhi allucinati e il volto in continua trasformazione, lo dimostrano. Ora le TV mandano questo Holmes, si spenderanno ore a cercare di analizzare i gesti e le espressioni da parte di psichiatri chiamati nei vari talk-show. Ora, nonostante quei capelli, sembra un po’ meno Joker, sembra umano, mostra la sua fragilità.
Il 30 luglio verranno formalizzate le accuse, rischia la pena di morte se la giuria raggiungerà l’intesa perfetta con l’unanimità.
Arriviamo al 2015. Inizia il processo nel mese di gennaio. È la più grande selezione per formare una giuria il più possibile imparziale, della storia processuale americana. Sono infatti state estratte 9mila persone, di queste solo 12 diventeranno giurati.
James Holmes si presenta ancora diverso. Capelli scuri e corti, indossa gli occhiali tondi, è tornato lo studente di neuroscienze, è tornato ciò che era prima di compiere la strage. In tribunale oltre agli scritti, vengono analizzate le 22 ore di videointervista che il perito, lo psichiatra William Reid, porta in aula, dichiarando l’imputato affetto da schizofrenia ma “legalmente sano” perché ha portato avanti il piano con lucidità, era cioè consapevole delle conseguenze delle sue azioni. Ventidue ore di video in cui Holmes con la sua voce piatta ad accompagnare la medesima espressione, racconta la sua missione, ma non sa spiegarla, non c’è un messaggio o una morale in questa sua azione. I morti sono morti e la situazione è irreversibile, questo dice. Ha solo un rimorso, aver ucciso e ferito dei bambini. Loro non rientravano nel piano, aveva scelto quell’ora lì apposta.
Agosto 2015 arriva la condanna. James Eagan Holmes scampa la condanna a morte, la giuria infatti non raggiunge l’unanimità. Ascolta la sentenza ancora una volta diverso nell’aspetto, capelli lunghi e barba. Ma gli occhi sono sempre gli stessi che hanno provocato e visto l’orrore. Lui che è carnefice ma anche, lo dico senza retorica, vittima.
Il 20 Luglio 2012 è andata in scena l’eterna lotta tra il Bene e il Male. Questa volta però ha vinto il Male
Sparo pixel alla rinfusa, del resto sono nata sotto un palindromo (17-1-71), non potevo che essere tutto e il contrario di tutto. Su una cosa però non mi contraddico «Quando mangio, bevo acqua. Quando bevo, bevo vino» (cit. un alpino)
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