C’era caldo. Molto caldo. Erano giorni strani. Di plastica. Qualcuno aveva deciso che occorreva mettere i limoni sulle piante. Un falso. Legarli. Per far capire che tutto funzionava, tutto andava bene. Uno Stato efficiente, solido. C’era il mare. Che visto dai carruggi è piccolo ma se ne sente il sapore forte, intenso. Nei carruggi di De André. In via del Campo e in via Prè. Perché Genova è una città che bisogna davvero osservare con una faccia un po’ così. Perché Genova è stata partigiana, di sinistra, libertaria. Anarchica forse. C’era caldo. Molto caldo. Tra le salite e gli svincoli micidiali. La linea rossa da non varcare, le trattative con la polizia. Come ai vecchi tempi. Un centimetro conquistato è una vittoria per la propria causa. Che pochi capivano. Che pochi avevano messo nel conto. Qualcuno decise che occorreva costruire il caos. Scientificamente. Qualcuno decise che quel giorno, quel maledetto giorno due ragazzi, incredibilmente, nella maniera peggiore si incontrassero. Si chiamavano Carlo Giuliani e Mario Placanica. Non si erano mai visti, mai annusati. Strade lontane, strade che difficilmente si intersecano. Ma Genova con gli svincoli e i carruggi riesce a costruire il momento, a recuperare gli spasmi. Due ragazzi che non si conoscono. E non si parleranno. Mai. Giuliani da una parte, probabilmente dalla parte sbagliata e Placanica, per copione, da quella giusta. Genova che sta in mezzo. Il G8, Berlusconi, Fini nella cabina di regia, le urla, gli spari. I black bloc, la zona rossa, i carruggi e le canzoni. Genova per noi. Con quella faccia un po’ così. Con quelle navi che arrivano. E partono. Piene di sardi. Una volta era così. Era il 1978. Subito domo il sequestro Moro. Era per Pasqua quando andai a Treviso. Da Porto Torres a Genova. Una traversata infame. E quella città arroccata e bellissima. Con quella luce. Poi il 2001. Il 20 luglio. Giuliani e Placanica. I destini che si incrociano. Per sempre. Quel giorno, quel maledetto giorno, siamo diventati tutti più poveri. Ci hanno rubato, quel giorno, qualche metro di libertà. Dentro la Genova antifascista, dentro la Genova di Paoli, di Tenco, di De André. Canzoni che non girano. Il 20 luglio 2001 il mondo si è fermato. A fotografare la grande pausa della democrazia di un paese solitario e sordo. Questo è stato, per me, il 20 luglio del 2001. In una città che amo. Perchè tutti i sardi guardando Genova pensano alla possibilità di rientrare a casa loro. Da sempre. E per sempre.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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