Che sia nato nel ’28 o nel ’31 (*), poco importa. Il millenovecento di Martin Landau che ricordiamo noi ex-giovini è 1999, “Spazio 1999”, dove il nostro, con occhi chiarissimi e lineamenti un poco rettiliani, vestiva i panni del Comandante Koenig accanto alla vera vera moglie Barbara Bain nei panni della dottoressa Helen. Accadeva nel 1976, anno della prima messa in onda alla RAI (co-produttrice con la british ITC), di un serial che seguiva l’onda del genere Sci-Fi. Quanto ci ha fatto sognare quel telefilm, ci chiedevamo se nel 1999 davvero ci sarebbero state tutte quelle tecnologie, macchine che parlavano, porte che si aprivano da sole. Ora è difficile riconoscere una semplice porta manuale a battente, vedi schiera di persone che agitano le mani per trovare una fotocellula nascosta e invece… visti coi miei occhi, credetemi.
A parte ambienti avveniristici, ho un vago ricordo dei vari personaggi. In particolare di Maya che comparirà nella seconda serie, mi piaceva il suo trasformarsi in animali diversi alla bisogna. E poi mi piaceva perché c’era del feeling con Tony Verdeschi (nessuna allusione a verdesche varie) e quindi anche in mezzo all’asettica fantascienza, potevo sperare in una love story. Nella terza serie poi… ah! Qualcuno avrà sussultato dicendo “Non c’è una terza serie” e avete ragione. Chi come me ricordava quintalate di stagioni, dovrà ricredersi. Solo due stagioni a causa di sceneggiature sbagliate. Pare infatti che nella seconda si cercasse più azione, come nella miglior tradizione USA e meno intellettualismi filosofici tipicamente europei. Ma la scelta non andò e così furono costretti a chiudere, con gran dispiacere per il nostro Martin che ha ricordato con entusiasmo e generosità tutto lo staff. Insomma, ogni volta che Martin compariva sul piccolo schermo, come attore in altri film, noi si faceva a gara per riconoscerlo: “Gua’ c’è spazio 1999”, i più precisi fra noi invece “Gua’ c’è il Comandante Koenig” Nel 1994 Landau sarà un po’ meno comandante e un po’ più vampiro, Tim Burton infatti lo sceglie nel cast di “Ed Wood” per interpretare Bela Lugosi, il più famoso Dracula della storia filmica. Un’interpretazione che farà ottenere al film diversi riconoscimenti, dal Premio della Critica ai Golden Globe, fino all’Oscar nel ’95 come Attore non Protagonista, o come dicono meglio gli americani “Supporting Actor” dando una connotazione più gratificante all’attore, come un qualcuno che è comunque indispensabile alla buona riuscita del film.
Ed è durante queste premiazioni che Martin con le sue basi teatrali, coi suoi insegnamenti avuti all’Actors Studio, con la sua creatività di ex-illustratore ma soprattutto con la sua grande generosità, ogni volta sale sul palco e tira fuori dalle tasche quel foglietto un po’ stropicciato in cui sono elencati tutti, ma proprio tutti. Da Tim Burton, definito visionario e che usa il pettine una volta ogni tanto, giocando sulla (s)capigliatura da genio-pazzo del regista, fino alle truccatrici, passando per quello che è considerato da lui il miglior giovane attore esistente: Johnny Depp.
Racconta come la carriera di attore sia un’altalena di picchi e vallate e lui nel momento in cui Burton gli propone il film, è in una profonda vallata, confessa. La proporzione Landau: Lugosi= Burton: Wood va tutta a vantaggio della coppia Landau-Burton, l’altra coppia meno fortunata, si conobbe negli anni ’50 quando Lugosi, dopo aver conosciuto il suo apice a cavallo tra gli anni ’20 e ’30, si trova ora ad essere dimenticato dal mondo cinematografico, sia perché il suo forte accento ungherese non l’ha voluto abbandonare, e questo lo ha limitato nelle scelte da parte dei produttori e registi, sia perché Lugosi era oramai morfinomane a causa di una neurite sciatica. Ed Wood conosce Lugosi e non si sa se l’amicizia dello strampalato regista, considerato il peggiore di tutti i tempi, fosse solo per trarre vantaggio per i suoi film, a cui Bela si prestava con bassi budget, oppure se alla fine diventarono veramente amici tanto che il regista cercava di distogliere Bela dalla depressione sempre più incombente. Bela Lugosi era entrato nel vortice dei B-Movie scelta questa che ne decretò l’insuccesso, portato come un marchio indelebile fino alla tomba.
Così con la metafora delle montagne russe, Landau comprende bene il tramonto di Lugosi, che pure ha mantenuto la sua umiltà, ospitando spesso nel suo appartamento un gruppo di giovani fan, per rivivere assieme i momenti impressi nella celluloide. E durante la premiazione agli Oscar come Supporting Actor, Martin tira ancora una volta fuori il suo foglietto stropicciato perché non vuole dimenticare nessuno e si arrabbia quando cercano di fargli finire anticipatamente il discorso aumentando il volume dell’orchestra. Batte il pugno sul leggìo e dice “No!”, lo fa, racconterà poi, perché ci teneva a dare il ringraziamento più grande a quel suo alter ego che dalla oscura vallata non è più risalito:
“Bela, ovunque tu sia, grazie!”
(*) quasi sicuramente il 1928, anche se su alcuni database cinematografici, viene riportato il 1931 come data di nascita.
Sparo pixel alla rinfusa, del resto sono nata sotto un palindromo (17-1-71), non potevo che essere tutto e il contrario di tutto. Su una cosa però non mi contraddico «Quando mangio, bevo acqua. Quando bevo, bevo vino» (cit. un alpino)
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