Alle tre del mattino del 20 giugno del 1997, la Digos entra senza bussare in un appartamento di via De Amicis, a Milano.
Gli agenti ne escono qualche minuto dopo assieme ad una donna ammanettata: si chiama Maria Grazia Cadeddu, ma tutti la conoscono col nome di Patrizia, che gli amici abbreviano in Patty.
La Procura di Milano indaga su di lei da poco meno di due mesi, esattamente dal 25 aprile, quando un ordigno esplode provocando solo pochi danni davanti a Palazzo Marino, la sede del Comune ambrosiano.
Patrizia Cadeddu è nativa di Macomer, ma lavora a Milano ai servizi sociali del Comune.
La Digos l’ha schedata in quanto anarchica, attivista del gruppo Azione rivoluzionaria. Negli stessi giorni, in Sardegna, verranno fermati due esponenti del mondo anarchico-indipendentista, per i quali la Procura di Milano ipotizza il coinvolgimento in azioni eversive compiute in tutta Italia.
Solo che Patrizia Cadeddu con l’esecuzione dell’attentato di Milano non c’entra nulla.
Viene incastrata per essere stata riconosciuta come la postina – molti quotidiani la apostrofano con questo appellativo – che portò fisicamente la rivendicazione alla redazione di Radio Popolare.
Sui giornali, Patrizia Cadeddu appare in un’unica foto. Seduta sul sedile posteriore dell’auto che la porta via per l’interrogatorio, la testa appoggiata di lato al finestrino abbassato, un’espressione rassegnata in volto.
L’Unità le storpia il nome: Maria Grazia Cabeddu.
La prova della sua colpevolezza sarebbe stata la registrazione di una telecamera, incisa su una cassetta Vhs. A quanto riferiscono gli avvocati di difesa, le immagini sarebbero ben poco chiare: non esistevano le riprese in altissima risoluzione di cui sono capaci gli occhi elettronici di oggi e quella sagoma può essere fatta combaciare con l’esile figura della Cadeddu solo con una certa immaginazione. Nella cronaca del giorno dopo, l’allora inviato del Corriere Fabrizio Gatti parla di una donna molto magra, vestita con un tailleur blu e col volto coperto da occhiali scuri.
Però la Digos l’ha pedinata per settimane e alla fine per Patty arriva la condanna, nonostante i molti dubbi.
Patty Cadeddu continuerà a dichiarare con orgoglio la sua militanza anarchica, durante le udienze del processo. Ma con altrettanta decisione negherà, sempre e senza cedimenti, di aver mai avuto un ruolo nella bomba a Palazzo Marino.
Sconterà i tre anni e nove mesi di condanna fino all’ultimo giorno, rifiutando la scarcerazione anticipata che il tribunale sarebbe stato disposto a concederle.
Non voleva avere debiti con lo Stato, non voleva dire grazie alle istituzioni.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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