Un anno fa, Romina Fiore ricordava la lotta civile di Welby. Una lotta che non si è conclusa con la morte. La stessa lotta che oggi, a undici anni da quel 20 dicembre, vede colmare un vuoto con l’approvazione al Senato della Legge sul Testamento Biologico.
Una lotta che Welby, pur essendo il protagonista, non affrontò da solo. Diverse le figure che hanno avuto un ruolo chiave.
PierGiorgio Welby Undici anni fa, chiedeva di non proseguire più in quella non-vita a cui era condannato. Nella legislazione mancava però un tassello, ma un appiglio c’era e Welby vi si aggrappò: art. 32 della Costituzione “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” e art. 13 sull’inviolabilità della libertà personale e quindi sull’autodeterminazione.
Non voleva però andarsene clandestinamente. Voleva che il suo gesto diventasse pubblico per suscitare IL dibattito. Con la sua morte non si sarebbe più potuto tenere la testa nella sabbia, mentre diverse proposte di legge giacevano impolverate. Scrisse all’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Spiegò che il suo non era “un grido disperato ma un grido di speranza per i diritti civili” e precisò che non era un malinconico né un depresso anzi, amava la vita, e la morte gli faceva orrore. Ma la sua non poteva più chiamarsi vita. Non stava invocando una morte dignitosa ché decorosa era la vita, non la morte. Chiedeva invece una “morte opportuna”.
Ma a creare la prima scintilla non fu tanto la lettera, quanto la risposta di Napolitano che auspicava si aprisse finalmente il dibattito sul fine vita.
Marco Cappato Segue attivamente “il caso Welby” a partire dal Settembre del 2006. È lui a organizzare la conferenza stampa per portare alla luce la lettera indirizzata a Napolitano, a quella conferenza però non partecipa praticamente nessuno. La notizia non è tale perché non desta la giusta attenzione. È grazie alla risposta del Presidente che diventa notizia.
Cappato, militante del Partito Radicale, già da diversi anni si batteva per la sensibilizzazione sull’eutanasia. Oggi lo conosciamo anche per aver accompagnato alla morte volontaria Fabiano Antoniani (DJ Fabo) in Svizzera ed essersi poi autodenunciato. Stessa cosa fece nel 2015 con Dominique Velati, malata terminale con un tumore al colon. In entrambi i casi si autodenuncia per il reato di cui all’art. 580 c.p., ovvero aiuto al suicidio.
Si vuole in questo modo sollevare la questione di legittimità dell’art. 580, quell’articolo che sotto alla voce “Istigazione al Suicidio”, comprende anche chi agevoli un malato terminale, a porre fine alla proprio vita attraverso l’eutanasia. Anche quando il paziente risulti impossibilitato fisicamente.
Mario Riccio È l’anestesista che praticò la sedazione per poter accompagnare Welby alla morte una volta privato del suo respiratore.
Qualche giorno prima, il 16 dicembre 2006, il rigetto da parte del giudice alla richiesta di Welby che si appellava agli articoli 13 e 32 della Carta Costituzionale. Il 18 dicembre, Mario Riccio si recò a casa dei coniugi Welby. Due giorni dopo la volontà di Piergiorgio venne finalmente assecondata.
Mario Riccio ha poi affrontato due procedimenti, entrambi a lieto fine e archiviati: Il procedimento disciplinare voluto dall’Ordine dei Medici di Cremona, risolto con una presa d’atto che la volontà del paziente era chiara e che la somministrazione dell’anestesia non era un farmaco che ne provocò la morte come diretta conseguenza. Il secondo procedimento fu quello penale, risolto con un non luogo a procedere nel Luglio del 2007. La gioia di un’altra battaglia vinta è però oscurata da una notizia: lo stesso giorno muore Giovanni Nuvoli, dopo dieci giorni di sciopero della fame e della sete, chiedeva di poter morire anche lui come Piergiorgio, anche lui attaccato a un respiratore artificiale, ma l’intervento dei carabinieri ne impedì l’attuazione da parte dell’anestesista.
Giuseppe Rossodivita Avvocato difensore di Riccio, attivista del Partito Radicale. Era presente anche lui il 20 dicembre 2006, anche lui ha da anni auspicava una legge chiara sul Testamento Biologico a maggior ragione nei casi in cui la persona non potesse più esprimere la propria volontà, come nel caso Englaro. La sacralità della vita, portata più volte come impedimento per una nuova legge, deve esulare dal contesto giuridico. Così si è espresso durante il ricordo di Welby a Roma: “Welby 10 anni dopo: una lotta che porta nuove libertà”.
“La sacralità della vita è un concetto che non fa parte della materia giuridica” e questo deve essere chiaro in uno Stato veramente laico. E un anno fa ironizzava sulla lentezza a voler concretizzare tale progetto. “Purtroppo è una gara di velocità tra due tartarughe: la Giustizia e la Politica”
Mina Welby La mano destra di Piergiorgio, così si definisce, era concretamente la sua mano destra quando ad esempio compone il numero di Marco Cappato, lo contatta per procedere su una strada ormai intrapresa che porta dritta a un obiettivo. Lo fa perché conosce bene la volontà del suo amato marito e lo accompagna, lo aiuta, gli dà tutto il supporto possibile ma lo fa lacerandosi dentro. Ormai è diventata schizofrenica perché da una parte è chiaro, ha intrapreso con lui questo cammino. Dall’altra lei di formazione cattolica ma soprattutto per l’infinito amore che nutre per il suo Piero, quell’idea di perderlo, non vuole accettarla.
Il pomeriggio del 20 dicembre 2006 è lungo, lui un po’ scherza, un po’ dice che è difficile morire e a questa incertezza lei intravede una speranza e ci si aggrappa per chiedergli ancora una volta “Vuoi davvero morire?”
Mina Welby di formazione cattolica, si è vista negare il rito religioso per i funerali del suo amato coniuge. Il funerale laico si è svolto in Piazza San Giovanni Bosco, davanti alla chiesa che Mina aveva scelto per la cerimonia religiosa. Fuori dalla Chiesa il feretro è stato accolto con commozione e accompagnato anche dalle preghiere. Quelle non ufficiali ma non per questo meno sentite.
Sparo pixel alla rinfusa, del resto sono nata sotto un palindromo (17-1-71), non potevo che essere tutto e il contrario di tutto. Su una cosa però non mi contraddico «Quando mangio, bevo acqua. Quando bevo, bevo vino» (cit. un alpino)
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