Ho capito cosa fosse l’inchiesta leggendo per la prima volta, nel 1975, l’Espresso. Avevo quasi quindici i anni e la nostra professoressa di Italiano ci aveva richiesto una ricerca sulla famiglia e sulla discussione parlamentare relativa al nuovo codice che si prospettava come una vera rivoluzione culturale. Presso la biblioteca Umanitaria cominciammo la nostra ricerca e, ammetto, a quei tempi era davvero difficile trovare testi di “attualità” e Wikipedia non era pensabile neppure a livello embrionale. Però c’era Teresa, la bibliotecaria. Una signora dolcissima e attenta. Quando chiedemmo alcuni testi sulla famiglia e sulla discussione in Parlamento che riguardava il nuovo diritto di famiglia lei ci consigliò due settimanali: L’Espresso e Panorama suggerendo la lettura più attenta del primo. Fu la copertina che mi rimase impressa e credo sia la copertina dell’Espresso che ricordo ancora: quella donna, terribilmente nuda, messa in Croce come un Cristo laico. Quella parola, aborto, che vagava in maniera confusa dentro le mie onde adolescenziali. Cominciai a leggere quello strano settimanale dalla cornice quasi rossa: scoprii un mondo completamente nuovo e un nuovo modo di osservare le cose. Era un giornalismo completamente diverso da quello della Nuova Sardegna, del Corriere della Sera che acquistavo per leggere Pasolini. Era un giornalismo d’assalto, spregiudicato, che squartava le coscienze, metteva a nudo, nel vero senso della parola, molti argomenti fino ad allora completamente nascosti. Grazie a quell’inchiesta (che citammo nella ricerca sulla famiglia e venimmo bonariamente rimbrottati dalla nostra professoressa saldamente democristiana) cominciai ad acquistare l’espresso tutte le settimane sino agli anni novanta quando ormai le inchieste si erano diradate e molti articoli erano quasi “scontati”. Quel settimanle che segnò un’epoca, soprattutto la mia epoca, nacque ufficialmente il 2 ottobre 1955. Oggi ha compiuto sessant’anni. Lo ringrazio, per quella copertina e per molte inchieste che mi hanno aiutato ad osservare l’orizzonte con occhi più attenti.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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