Era appena passato il sessantotto e in un Italia ancora dominata dalla cultura “ecclesiale”,si consumava una delle più grandi battaglie degli ultimi 40 anni. La legge di “disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” era stata promulgata nel dicembre del 1970 e, per la prima volta, in Italia si parlava di “divorzio”. Le coppie potevano separarsi in maniera legale e ricostruirsi nuove opportunità. Veniva meno, dunque, un principio sacrosanto per i cattolici: quello dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale. La battaglia fu cruenta e per me quattordicenne inquieto, piuttosto lontana. Però ci si schierava e io, chiaramente ero a favore della legge e quindi, contro la sua abrogazione. Mia nonna era assolutamente contraria e ogni volta che mi pronunciavo si faceva il segno della croce. Mio nonno, invece, era dalla mia parte perché, da sempre, non sopportava Almirante. Il Movimento sociale e la democrazia cristiana rappresentavano il fronte schierato per il No, con Giorgio Almirante e Amintore Fanfani tra i difensori più acerrimi della famiglia e delle tradizioni. Dall’altra parte, incredibilmente compatti: i comunisti, i socialisti, chiaramente i radicali, i repubblicani, i socialdemocratici e i liberali. Il 2 marzo del 1974 si decise che le votazioni si sarebbero svolte il 12 e 13 maggio del 1974 e a quelle consultazioni, dopo una battaglia aspra, partecipò l’88% degli italiani (una percentuale altissima). Vinsero i no all’abrogazione della Legge. Vinse un principio liberale e di autodeterminazione. L’Italia, come sempre si spaccò ma, incredibilmente, seppure nel sud e nel bianco Veneto prevalsero i si, nel Nord, nel centro e nelle isole vinsero i no. In Sardegna con il 55,3% si disse si al divorzio. Sono passati quasi cinquant’anni e i protagonisti della battaglia politica di quegli anni non ci sono più. Il divorzio è divenuto una “normalità” utilizzato anche da moltissimi cattolici. E nessuno si fa più il segno della croce
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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