Chissà se a qualcuno è venuto in mente di intestare una via, un parco, l’aula di una scuola a Pietro Atzeni, di anni 22, barbaramente ucciso a pietrate a Sant’Andrea Frius, il 2 luglio del 1980.
Chissà se qualcuno si ricorda di Pietro Atzeni, se qualche traccia della sua giovane vita troncata di netto è rimasta, nella comunità in cui ha vissuto. Ho cercato altre tracce in rete, ma non ne ho trovate, solo un labile indizio da cui si desume che il suo assassino sarebbe stato arrestato, non si sa dove né quando. Nessuna foto.
Quel che so su Pietro Atzeni l’ho imparato da una cronaca del povero Gino Zasso pubblicata sul Corriere della Sera del giorno dopo.
L’assassino lo affrontò nell’ovile dove il giovane pastore andava ad accudire il suo gregge. Lo colpì con una pietra alla nuca, poi lo sfigurò asportandogli la pelle del volto con un coltello.
Pietro venne trovato da uno dei suoi quattro fratelli, due dei quali poliziotti.
Girando tra le pagine d’archivio, le corrispondenze dalla Sardegna sono zeppe di orribili fatti di cronaca come questi, di povere vite innocenti tolte e dimenticate.
Molti, tra noi sardi, questa storia la ripudiano, temendo il pregiudizio che in essa è sottinteso e forse un ridicolo danno d’immagine.
Ma anche questi morti dimenticati sono la nostra storia e bisogna farci i conti.
Mi chiedo se non sia il caso di ricordare queste vittime della violenza intestando loro uno spazio, un luogo. A perenne memoria, come si scriveva negli epitaffi di una volta.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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