«Primo Fausto Coppi; in attesa del secondo classificato trasmettiamo musica da ballo»Così Nicolò Carosio il 19 marzo del 1946 annuncia la vittoria di Fausto Coppi in una Milano Sanremo vinta dal campionissimo con 14 minuti di vantaggio sul secondo classificato. Sono cresciuto con questa visione poetica del ciclismo, con le gare e le disfide di Coppi e Bartali pur non avendone sentito o visto le gesta dal vivo. Solo fotografie e immagini d’epoca che ai miei tempi passavano in televisione e, più recentemente, su you tube. Sono cresciuto con il concetto di “non mollare mai”, di “crederci sempre” ma anche di rispetto dell’avversario. C’è stata molta letteratura attorno alla rivalità di due campionissimi, rivalità forse veritiera e sentita da entrambi, ma anche sana e naturale. Il gusto della sfida, del provarci e riprovarci, lo sport come arena della vita. Fausto sempre pronto, attento, preparato, Gino più guascone, senza apparente strategia, uno che si giocava tutto sempre e comunque. Contenuto il primo, spavaldo il secondo. Fausto che vive un amore controverso, vietato per quei tempi: la dama bianca. Ginetto con la moglie e la famiglia tradizionale. Era una lotta tra laicismo e cattolicesimo. Era un modo di vedere la vita tra la fatica e la polvere, tra le fughe e le curve tutte da affrontare con il vento che scompigliava i pensieri. Se fossi vissuto ai loro tempi, lo ammetto, sarei stato con Bartali ma avrei amato Coppi. Sono sempre stato attirato nello sport come nella vita da chi cammina storto, da chi lotta più di chiunque altro per sopravvivere, da chi è temerario, capace di azzardare, di sbagliare e di riprendersi. Ecco perché ho amato Senna, Barrichello, Alonso, Maradona, Baggio, Monzon, Vialli, Mennea, Fiasconaro, Tomba, nutrendo immenso rispetto per Lauda, Schumacher, Benvenuti, Platini, Pirlo, Merckx, Di Biasi, Simeoni, Thoeni. Sono giunto alla conclusione che tutti sono necessari, come Coppi e Bartali che hanno rappresentato, con il sangue e la mente, l’Italia tutta intera. O quasi. Fausto Coppi moriva il 2 gennaio 1960 all’età di 40 anni. Sono passati 62 anni da quel giorno. Non avevo neppure un anno quando il campionissimo ci lasciava. Eppure sapevo già d’amarlo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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