Il papa polacco, il papa viaggiatore, il papa mediatico. Ci sono tanti aggettivi che si possono abbinare al nome di Karol Wojtyla, papa Giovanni Paolo II. L’appeal mediatico e indiscutibile di Wojtyla era talmente grande che pareva mettere d’accordo tutti, da destra a sinistra, e nei giorni della sua dipartita come pontefice e come uomo, il battage mediatico era impressionante. Mio padre sbraitava contro d’Alema che lo chiamava reverenzialmente “Santo Padre” , ma questo era niente: Veltroni, allora sindaco di Roma arrivò a proporre di cambiare il nome della stazione Termini col nome del papa venuto dall’est. Il nome della stazione è rimasto quello originario, ma molti di voi avranno visto la discutibile statua che adorna il piazzale. A me Wojtyla, da “spettatrice” della sua esposizione, non esaltava. L’unico momento in cui riuscii ad apprezzarlo fu quando, già malato e stanco, sembrò ritrovare delle forze per condannare il già pianificato attacco militare contro L’Iraq nel 2003. Troppo poco per fare come fecero alcune mie compagne di scuola che alla sua morte si scoprirono pie e decisero di volare a Roma per il suo funerale. Quel funerale, mediatico anche quello fu, per molti, una scampagnata, come disse in tv Margherita Hack scatenando il fastidio dei chierichetti del nostro parlamento. Quali possono essere gli attributi affiancabili al lato oscuro di papa Giovanni Paolo II, quello che i media di superficie hanno cercato di non mostrare? Restauratore: per i legami con l’Opus Dei, la vicinanza a figure come quella del cardinale Marcinkus, la benedizione a Pinochet, il conservatorismo sui temi etici e sul ruolo della donna nella Chiesa e nella società; contraddittorio, anzi, il più contraddittorio del XX secolo, come lo definì il teologo e storico delle religioni Hans Kung: per i motivi già esposti sopra e, in aggiunta, per l’elevato numero di canonizzazioni, il distacco dai principi del Concilio Vaticano II, il dialogo di facciata con le altre religioni. Carol Wojtyla moriva il 2 Aprile del 2005. Undici anni dopo, mio padre sbraita ancora quando parla d’Alema.
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