A volte sembra che le date, beffarde, si divertano a disseminare indizi.Vivo in un piccolo centro, Arzachena, che un suo ruolo nella storia recente della Sardegna può vantarsi di averlo.Oggi, 14 maggio 2022, ricorre il centenario dall’insediamento del primo Consiglio comunale, avvenuto il 14 maggio 1922 dopo anni di lotte per l’ottenimento dell’autonomia da Tempio, riconosciuta dallo Stato nell’ottobre del 1921.
A mezzogiorno di oggi, 14 maggio 2022, esattamente un secolo dopo, è scaduto il termine per la presentazione delle liste per il rinnovo del Consiglio comunale.Correggo il plurale: la lista.Per la prima volta, da quando vige la democrazia, nel mio paese è stata presentata un’unica lista e, se il quorum verrà raggiunto, le elezioni saranno una semplice ratifica della riconferma del sindaco uscente, Roberto Ragnedda.Arzachena: il Comune della Costa Smeralda, dell’economia dai grandi numeri, degli yacht più grandi del mondo, del magnate uzbeko cittadino onorario, della rockstar mondiale cittadino onorario, del principe e Imam musulmano cittadino onorario.Non che queste credenziali c’entrino qualcosa con una democrazia matura e compiuta, però danno l’idea di un posto aperto al mondo, dove pluralismo e libertà di pensiero siano terreno fertile per coltivare la dialettica politica.Invece, cento anni esatti dopo, l’Arzachena protesa verso il futuro non è stata capace di andare oltre il partito unico e ha squalificato ad inutile zavorra una possibile opposizione.Protesa verso il futuro, ho scritto.Nel 1922, quando il primo sindaco Salvatore Ruzittu prese possesso del palazzo comunale, di futuro democratico ne restava ben poco, anche se i primi consiglieri non lo sapevano. Cinque mesi dopo le camicie nere marciarono su Roma e il piccolo re servì loro le chiavi del governo.Ancora un paio d’anni e la democrazia venne liquidata, l’opposizione messa fuorilegge e i sindaci sostituiti dai podestà.Oggi non è più necessario eliminare un Matteotti per ripudiare la Democrazia..Basta il populismo dei social, basta la legittima sfiducia nella politica, basta l’idea che il confronto delle idee sia solo un’inutile perdita di tempo.Basta il volemose bene di un gruppo di portatori di interesse che hanno trovato il modo per andare d’accordo.Bastano le feste e le celebrazioni per i cento anni di un Comune mentre, tutt’intorno, la politica sprofonda nel Partito unico.Ripudiare la democrazia, oggi, non significa aprire la porta al tiranno. Significa solo non credere abbastanza in Lei.È indifferenza, non protesta.Sarà solo una coincidenza, questa corrispondenza di date distanti un secolo?O sarà il caso di preoccuparsi per la salute della nostra democrazia?
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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