Io, come molti della mia generazione, sono cresciuto con il mito di John Fitzgerald Kennedy. In realtà, a pensarci bene, sono cresciuto con il mito della sua morte avvenuta a Dallas il 22 novembre del 1963. E’ stato, per me, il primo delitto politico, il primo vero complotto, una storia mai compresa a fondo, più italiana che americana. Anche perché sottotraccia in quella storia c’è stata la mafia. Il buon John era anche un amante insaziabile, almeno così raccontano le sue biografie più o meno autorizzate. Ma da piccolo queste cose mica le capivo. E non le sapevo. Vicino a lui c’era la sua bellissima moglie Jacqueline lee Bouvier. Per tutti Jacqueline Kennedy. Penso sia stato uno dei miei più grandi amori dell’infanzia. Non ho mai capito perché m’innamorai di lei. Probabilmente perché rappresentava la tranquillità e l’assoluta certezza del sogno americano. Poi, d’un tratto, quella bellezza irraggiungibile, quella moglie sempre attenta e vicina ad un marito ingombrante, mi tradì. Sposò, nel 1968 Aristotele Onassis che per lei interruppe una storia d’amore con la cantante lirica Maria Callas. Fu un tradimento che perforò il mio piccolo cuore di bambino. Il mio grande amore perduto all’età di nove anni. Per uno ricco e neppure troppo bello. Questa storia che racconto con leggerezza mi portò a dimenticare letteralmente Jacqueline. Non lessi più nulla di quello che fece e non seppi neppure che fosse malata di tumore. Quando, il 19 maggio del 1994 lessi della sua morte avevo ormai 35 anni e mi ritornò, di colpo, tutto l’amore per lei. Era bella Jacqueline, bellissima e irraggiungibile. Probabilmente insieme a Monica Vitti, Audrey Hepburn e Mariangela Melato rappresentava, per me, il concetto sublime di diva. Di diva vera. Di quelle che, ormai non ci sono più. Decise di essere sepolta vicino al suo primo marito John. Perché il primo amore, davvero, non si scorda mai.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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