In un paese abituato a votare sempre e in qualsiasi momento anche il 18 maggio 1968 si svolsero le ennesime elezioni politiche anticipate. Questa non è dunque una notizia. Si svolsero (siamo nella primissima repubblica) con il sistema proporzionale puro: ogni partito eleggeva i suoi candidati attraverso l’ottenimento, in percentuale, dei voti. Il sistema proporzionale abbandonato negli anni novanta a seguito del famoso referendum voluto da Mariotto Segni (chi???) ha permesso carriere a personaggi piuttosto coloriti che siedono in parlamento senza avere neppure preso un voto. Non sono innamorato del sistema proporzionale o del maggioritario puro, diviso, relativo, misto, con variegato scappellamento a destra. Sarei innamorato di un sistema “normale”. In che senso? Nel senso che non è possibile modificare le regole ogni cinque anni a seconda del partito più forte e della sua presunta paura di perdere o la convinzione di vincere le elezioni. Prendere esempio dallo sport non sarebbe male: le regole sono praticamente sempre le stesse: nella boxe, nel tennis, nel basket, nel calcio, nel polo, nel tennis tavolo. Nel corso degli anni si sono modificate solo piccole caratteristiche ma il gioco è sempre quello e alla fine chi è bravo (se non bara o non utilizza sistemi di doping) vince. Quanto sarebbe bello se anche per le elezioni ci fossero delle regole che non si possono modificare: il fuorigioco è quello, si gioca in undici, il canestro per essere valido deve centrare il cerchio e il pallone deve scendere all’interno del retino. Anche nel calcio balilla, paradossalmente, ci sono le regole e sono essenzialmente due: si gioca “a girare” o “senza girare”. Quando finisce una partita o una manifestazione sportiva si sa sempre – e subito – chi vince. Con le elezioni politiche in Italia non si capisce mai nulla. Eppure, per esempio, le competizioni comunali per l’elezione del sindaco funzionano da oltre vent’anni. Potrebbe essere un’idea ma mi rendo conto che la faccio semplice. La politica è l’arte della complessità o più probabilmente dei complessati. Chissà.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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