Ezzedin Fadah El Khalil. Vi dice nulla questo nome?
Così si chiamava il trentenne pilota palestinese, in forza all’aviazione libica, ritrovato cadavere tra i rottami del Mig schiantatosi tra i monti della Sia, nel comune calabrese di Castelsilano.
La notizia diventa di dominio pubblico il 19 luglio del 1980, perché il relitto dell’aereo viene ufficialmente ritrovato il giorno prima.
Ufficialmente: l’avverbio non è buttato là a caso, perché in realtà il Mig è caduto settimane prima e su quei resti metallici e umani si sta compiendo una spregevole operazione di depistaggio.
Ezzedin si è quasi certamente portato nella tomba uno dei più grandi misteri della storia repubblicana, perché l’aereo che pilotava è precipitato quasi certamente la sera del 27 giugno: lo stesso giorno della strage di Ustica.
Probabilmente il Mig era finito in mezzo alla sparatoria ad alta quota in cui rimase coinvolto il Dc9 Itavia e le 81 persone che trasportava. Forse scortava l’aereo diretto in Jugoslavia su cui viaggiava il colonnello Gheddafi, vero obiettivo degli aerei americani e francesi che quella sera sfrecciavano nei cieli italiani all’insaputa dei nostri radar.
Disse il presidente del Senato Giovanni Spadolini: “Scoprite la verità sul Mig Libico e saprete la verità su Ustica”.
Il 19 luglio i giornali riportavano il misterioso ritrovamento del Mig, anche se le notizie erano poche e i giornalisti si affidavano ad intuito e congetture. Se ne sapeva poco perché tutta la zona attorno al luogo dell’incidente era stata perimetrata e nessun civile poteva accedervi, a parte quelli autorizzati.
Quel che certamente non si poteva immaginare era la macabra messinscena organizzata dagli apparati dello Stato per far credere che quell’aereo fosse caduto il giorno prima, messinscena passata anche attraverso un’autopsia che in un primo momento confortava la ricostruzione ufficiale datando la morte del pilota al giorno del ritrovamento del rottame.
In realtà i poveri resti di Ezzedin erano decomposti e il suo corpo era cadavere da almeno venti giorni: il medico legale, chiamato ad esaminare una salma riesumata dopo essere stata frettolosamente sepolta, ammise in un secondo momento pressioni compiute ai suoi danni per mettere su carta ciò che in realtà non era.
A depistare ci si mise anche Gheddafi, secondo i cui vertici militari l’incidente era avvenuto per un infarto occorso al trentenne pilota, un giovane atleta abilitato ai combattimenti ad alta quota.
Mi sono sempre chiesto se Ezzedin Fadah El Khalil abbia dei parenti, delle persone care che si siano occupate in questi anni di ricordarlo e di tenerne viva la memoria. Anche lui è, in un modo o nell’altro, una vittima del muro di gomma di Ustica.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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