Il 19 gennaio di sedici anni fa moriva ad Hammamet Bettino Craxi, già segretario e padrone del Partito socialista, nonché presidente del Consiglio all’apice della sua pirotecnica parabola politica. Se è vero che la storia va lasciata decantare, perché si riveli per quel che è realmente, nel caso di Craxi i tempi di attesa saranno più lunghi del normale.
L’uomo ed il politico dividevano e dividono gli italiani, sempre ansiosi di iscriversi ai due partiti che spontaneamente nascono su qualunque argomento degno di contesa, da Coppi/Bartali in poi. Craxi per i sostenitori morì da martire, per i detrattori (e per la legge italiana) da latitante. A sinistra mai gli perdonarono l’abiura di Marx e la fraterna amicizia con Silvio Berlusconi, tra i principali finanziatori del Garofano e sicuramente tra i primi beneficiari in termini di favori politici: se l’impero televisivo del palazzinaro di Arcore poté dilagare, certamente fu anche grazie al sostegno incondizionato di Bettino Craxi.
Chi non lo ha mai rinnegato lo ricorda come presidente del Governo più longevo della storia repubblicana, anni 1983-1987, e per dimostrarne l’autorevolezza rievoca la prova muscolare che tanto fece indispettire gli americani a Sigonella, quando in terra italiana i marines volevano mettere le mani sui terroristi mediorientali dell’Achille Lauro. Fu certamente uno statista dalla personalità straripante, sottolineata dalla troneggiante presenza fisica. E lo dimostrò proprio quando la fine era vicina, quel giorno dell’interrogatorio in Procura, a Milano, dopo l’uscita sotto una pioggia di monetine dall’albergo Raphael, il 30 aprile del 1993. Fu fermo ed impassibile nelle sue risposte servite con voce tonante e senza tradire un minimo di incertezza (non si parla dei contenuti, ma del tono), mentre nella stessa situazione di Forlani si ricordano il filo di bava alla bocca e il balbettio fantozziano. Mani Pulite spazzò via lui, i suoi colonnelli, i cortigiani, i nani e le ballerine che attorniarono il monarca (rappresentato in camicia nera e stivaloni da Forattini) nei momenti di onnipotenza, comprese le amanti con le quali si dimostrava molto più che generoso. Una di queste, Anja Pieroni, fu addirittura omaggiata con una televisione, intesa non come elettrodomestico ma come emittente. Fu vero furfante o vittima del presunto complotto giudiziario Bettino Craxi, ribattezzato dai satiri del tempo Bottino? Sapeva del dilagare delle ruberie o no? Liquidare l’ingegner Mario Chiesa (che intascava mazzette da un ospizio) come semplice “mariuolo” – definizione dello stesso Craxi – tradisce il tentativo di minimizzare un malaffare, quello delle tangenti e degli appalti gonfiati, che secondo l’economista Deaglio pesava per circa 10000 miliardi di lire sulle casse statali. Patetico appare anche il revisionismo storico di chi – Berlusconi per primo – dice di ritenere ancora oggi una colossale montatura quell’inchiesta, finita invece con una elevatissima percentuale di condanne. Inchiesta dalla quale l’Italia sembra avere imparato ben poco, atteso il proliferare della corruzione. Figuriamoci se si può essere giunti, dopo soli sedici anni, ad un’opinione condivisa su quel che Bettino Craxi ha rappresentato per la storia italiana. Aspettiamo che la storia decanti, prima di emettere una sentenza. Cui seguirà senz’altro un ricorso.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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