Il 19 gennaio del 1988 il Consiglio superiore della magistratura è chiamato a designare il nuovo capo dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo, un ruolo chiave nella lotta contro la mafia che, in quegli anni, controlla ogni attività economica della Sicilia e spara senza esitazione a chi prova a contrastarne il potere.
Il favorito per ottenere quel posto è un 49enne magistrato molto esposto nelle indagini contro Cosa nostra: si chiama Giovanni Falcone ed è stato uno degli uomini migliori del Pool palermitano guidato da Antonino Caponnetto. Falcone – seguendo la lezione del martire Rocco Chinnici già titolare dell’incarico di Istruttore – pensa che la lotta contro la piovra vada centralizzata e non si debba procedere in ordine sparso, frantumando le indagini tra tante Procure per competenza territoriale.
Sembra tutto fatto. Invece, nel pomeriggio di quel martedì 19 gennaio, a Palazzo dei Marescialli accade il ribaltone e alla candidatura di Falcone viene affiancata quella di Antonino Meli, magistrato 68 enne ormai alle soglie della pensione. Dopo un confronto molto teso tra le correnti della magistratura, Meli la spunta per quattordici voti contro dieci. Ufficialmente, a determinare il risultato sarebbe stato proprio il criterio dell’anzianità, ma a molti membri del Csm Falcone sarebbe stato inviso per il suo eccessivo protagonismo.
Due mesi dopo, a marzo, il Pool antimafia viene sciolto e Falcone destinato ad incarichi marginali.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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