Da questa parte del mare c’è Pietro Paolo Virdis, un ragazzo ventenne nato a Sindia ma cresciuto a Cagliari, fresco di maturità scientifica e tentato di iscriversi a veterinaria, a cui i folti baffoni neri aggiungono qualche anno e garantiscono un certo rispetto dai difensori avversari, quando entra in area di rigore fasciato dalla maglia del Cagliari.
Dall’altro lato del mare c’è l’avvocato Gianni Agnelli e nient’altro serve dire.
Tra i due appaiono il presidente della Juventus Giampiero Boniperti, il primo allenatore di Virdis Salvatore Mazzuzzi, la prima firma Enzo Biagi, il primo amico sardo di Boniperti Manlio Selis, il primo tifoso del Cagliari Marius, promotore di una manifestazione di protesta contro la cessione del giovane attaccante.
La storia del momentaneo no di Pietro Paolo Virdis al trasferimento alla Juventus è il caso calcistico dell’estate del 1977. Il centro del caso è la Sardegna.
La Juventus ha acquistato il calciatore dal Cagliari per due miliardi, ma il ragazzo di andare alla Juventus non ne vuole sapere. Non dice esattamente il perché, si limita a trincerarsi dietro motivi personali. Qualcuno, tra i giornalisti, ipotizza che il motivo personale sia una sedicenne biondina dagli occhi azzurri.
Il caso esplode definitivamente il 18 luglio. Boniperti è in vacanza tra la Corsica e Santa Teresa Gallura e incontra all’hotel Moresco Virdis, accompagnato al nord dal suo scopritore Mazzuzzi, dipendente della base militare di Decimomannu e allenatore della squadra calcistica dei vigili urbani di Cagliari.
A fare da tramite tra Boniperti e Virdis è Manlio Selis, ex direttore delle poste, juventino di ferro nonché amico fraterno del presidente della Juventus, padrino di cresima di uno dei figli: da due anni chiama “compare Giampiero” per raccomandargli di acquistare quel talentuoso centravanti.
I due si confrontano per quasi tre ore nella stanza numero 29, ma fascino e abilità dialettica di Boniperti non valgono a convincere Virdis, che dimostra più dei suoi anni non solo per via dei baffoni ma anche per un certo piglio da ragazzo engagé, come andava di moda quegli anni: collabora con una radio privata e si dice sia politicamente attivo.
Siamo nel bel mezzo del 1977, anno di contestazione.
E il no di Virdis diventa caso politico, più che sportivo: i titoli dell’Unità sul caso trattengono a stento la gioia del mondo della sinistra, che interpreta il rifiuto dell’attaccante come una scelta ideologica contro Agnelli, simbolo del cosiddetto padronato.
Finito il colloquio all’hotel, un avvilito Boniperti dice due parole ai giornalisti ma subito è richiamato al telefono perché l’avvocato vuole sapere come sia andato il colloquio col ragazzo di Sindia.
Virdis riparte verso il paese su un’Alfa guidata da Mazzuzzi. Fa tappa a Tempio, dove un gruppo di tifosi bianconeri cerca di convincerlo al sì, poi giunge a destinazione e va a chiedere consiglio alla nonna materna, madre dell’ex presidente della Regione Del Rio: anche lei, come tutta la famiglia, spinge per il trasferimento del nipote a Torino.
L’avvocato Agnelli mette giù il telefono dopo il deludente confronto con Boniperti sul sardo recalcitrante, ma subito dopo solleva la cornetta perché lo cerca Enzo Biagi: vuole sapere cosa ne pensi, il padrone della Fiat e della Juventus, del caso Virdis..
Il giorno dopo esce un abbondante pezzo sulla prima pagina del Corriere intitolato “Avvocato Agnelli, cosa prova a sentirsi dire di no?”.
Agnelli però non può dire di no a Biagi e riconosce che se il ragazzo ha fatto una scelta di vita è inutile forzarlo, insistendo per fargli fare una cosa che non vuol fare.
Biagi paragona Virdis a Amatore Sciesa, il martire milanese del Tiremm’innanz portato sul patibolo dagli austriaci nel mezzo del Risorgimento. Gira voce che se Virdis insistesse nel suo rifiuto, la sua carriera di calciatore potrebbe concludersi. Il ragazzo lo sa e dice di aver valutato il rischio.
A Cagliari, intanto, la tifoseria è in fermento. Gli ultrà non vogliono che la società ceda Virdis e in milla sfilano per le vie della città, in aperta contestazione con il presidente Mariano Delogu. Si vocifera che il manovratore occulto di questa azione sia Gigi Riva, che nelle sue ultime stagioni da atleta è stato compagno di squadra di Virdis. Ma Rombo di tuono nega e minaccia querele.
Il ritiro precampionato della Juventus è fissato per il 25 luglio, una volta le stagioni calcistiche iniziavano più tardi.
Virdis cambia idea due giorni prima, dopo l’ennesimo colloquio con Boniperti. Il 24 sale sull’aereo Alisarda assieme al presidente, in mezzo a tanti altri passeggeri.
Durante il viaggio, il comandante Luciano Ibatici offre ai due viaggiatori champagne: ad ideare il brindisi è il solito Manlio Selis, felicissimo per il raggiunto accordo.
L’Unità titola “Virdis costretto a dire sì”.
Molti anni dopo, Virdis confesserà che lui, semplicemente, voleva restare al Cagliari e spendersi per la maglia che amava di più.
Alla Juventus lascerà intendere di essere un attaccante di valore internazionale, ma non si ambienterà mai del tutto.
Mostrerà tutti i suoi numeri dieci anni dopo, nel primo Milan di Sacchi, quando sarà un punto di forza di quella straordinaria squadra campione d’Italia e d’Europa.
Oggi Pietro Paolo Virdis ha 65 anni, i baffi bianchi e gestisce un’avviata attività commerciale a Milano. Vende specialità alimentari.
Sarde, naturalmente.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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