Ogni giorno, quando devo scrivere l’agenda, vado in cerca di notizie dagli archivi dei giornali. Leggere vecchi articoli, riflessioni concepite in un altro tempo da osservatori vissuti in un altro mondo, è una delle attività che più mi appassionano. Mi dà l’idea netta di come tutto sia inesorabilmente relativo.Ieri ho aperto la copia del Corriere della Sera in cui si raccontavano i fatti del 18 giugno 2002.Vent’anni fa.L’apertura del giornale era dedicata all’eliminazione dell’Italia dai mondiali in Corea, in prima pagina una foto del centravanti Vieri affranto, nelle pagine interne l’indignazione per quella famosa direzione di gara dell’arbitro Byron Moreno che fece tutto il possibile, riuscendoci, per rispedire a casa la nazionale.Ma la notizia più importante del 18 giugno 2002 non era quella e il Corriere la offriva di taglio, sarebbe a dire più in basso nella prima pagina e nella gerarchia dell’interesse.A Gerusalemme, alle otto di mattina del 18 giugno 2002, uno studente arrivato dal campo profughi di Nablus salì sull’autobus 32. Era imbottito di esplosivo, era un kamikaze.La deflagrazione polverizzò il mezzo e tutto quanto si trovava nei dintorni. Morirono 19 persone, cinquanta furono i feriti. Sull’autobus, a quell’ora, c’era una larga componente di studenti, ragion per la quale l’età media delle vittime era piuttosto bassa.La cronaca per il Corriere la firmò Guido Olimpio. Un pezzo di una asciutta, magnifica bellezza, in cui si raccontava l’elementare dinamica dell’attentato e la macabra opera degli ultraortodossi ebrei incaricati di raccogliere i resti delle vittime e catalogarli.C’era, nel pezzo, anche la cronaca della visita del premier israeliano Ariel Sharon sul luogo del massacro: un ex generale abituato ai campi di battaglia, ma che il giornalista descrive come pallido e scosso alla vista di quei resti umani.Dell’attentatore si seppe tutto e subito. Si chiamava Mohammed Al Ghoul, aveva 22 anni, studiava all’università di Nablus.Lasciò poche righe di rivendicazione che servirono anche da testamento.Scrisse: “Come è meraviglioso uccidere ed essere ucciso. Questo non è amore per la morte, ma lotta per la vita. Uccidi e ti uccidi per le prossime generazioni”.Diciannove morti e cinquanta feriti era il bilancio provvisorio della strage. Un bilancio simile a quello dell’attentato di Piazza Fontana, datato 12 dicembre del 1969 e di cui, ancora oggi, si continua doverosamente a parlare.Ebbene, quanti di noi sanno di Piazza Fontana?Quanti ricordano l’eliminazione dell’Italia ai mondiali del 2002, l’espulsione di Totti, l’arbitro Moreno?Quanti ricordano i 19 morti di Gerusalemme e le parole di Mohammed al Ghoul, in quella stessa giornata?
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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