In risposta alle inique sanzioni che mirano a privare l’Italia delle materie prime indispensabili alla sua legittima espansione nell’Africa Orientale il popolo tutto, con plebiscitario slancio, offre metalli alla patria ingiustamente boicottata
Diversamente da quanto strombazzato dal proclama ufficiale dell’Istituto Luce, le sanzioni che l’Italia si vide applicare dalla Società delle Nazioni per l’ingiustificabile l’invasione dell’Etiopia dell’ottobre del 1935 non avevano caratteristiche tali da costituire una seria minaccia: molti dei paesi aderenti riuscirono ad aggirarle e a mantenere buoni rapporti con il regime, minando ulteriormente la credibilità dell’organismo internazionale sorto dopo la prima guerra mondiale. Non solo le inefficaci sanzioni contribuirono all’avvicinamento tra Italia fascista e Germania, ma la loro introduzione si tramutò in un’occasione per la creazione di una campagna propagandistica che sarebbe stata ricordata come la più significativa adesione patriottica della storia: l’operazione “Oro alla Patria”, di cui avrebbe fatto parte la “giornata della fede”. Padri e figli della nazione in fila, da nord a sud, per donare suppellettili in metallo perché,”anche da un rottame di ferro si può forgiare una baionetta” e donne pronte a immolare le fedi nuziali; se un premio Nobel come Luigi Pirandello poteva cedere la medaglia del prestigioso premio e la moglie del Duce rinunciava a quello sarebbe dovuto essere il simbolo della fedeltà del suo consorte, le giovani nubili italiane potevano benissimo privarsi delle “medagliette care alla loro ingenua civetteria”. In cambio delle 37 tonnellate d’oro raccolte, il regime avrebbe donato un anello di meno nobile ferro. Con la conquista di Addis Abeba nel Maggio del 1936 il regime avrebbe donato agli italiani un’altra patacca: la proclamazione dell’impero d’Etiopia.
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