Il rumore del silenzio ha un peso specifico difficile da quantificare. E’ come decidere di misurare i gesti, soppesare le idee. Però ha l’effetto devastante della testimonianza, della riflessione solitaria, nuda, che ad un uomo di chiesa, peraltro Papa, dovrebbe calzare a pennello, dovrebbe essere il suo modello di vita. Eppure Francesco, questo strano signore venuto dalla fine del mondo ci stupisce sempre, ci spiazza quasi. Non era facile sedersi davanti all’orrore e contemplarlo. Non era facile vergognarsi di quell’odio estremo, sordo. Lui lo ha fatto. Da solo. Come si è sempre soli davanti all’ignoto, davanti ad una strada sconosciuta. Ha chiesto perdono per le vittime di Auschwitz, per tutta quella crudeltà. Si dirà che era facile. Certo, ma non era scontato. Eravamo abituati a Papi e soprattutto a cardinali che si ricordano che ben altri gesti e che hanno utilizzato il silenzio in ben altri modi non sempre cristallini e in linea con il pensiero evangelico. Eravamo abituati ad un Papa che viene abbracciato da un bagno di folla: mani, selfie, urla, amore. Vedere le foto di Papa Francesco, da solo, vestito di bianco, dentro il teatro nero della follia fa un certo effetto. Perché su quella magra terra, su quel perimetro polacco ci sono ancora tutti gli occhi di chi attendeva un silenzio che squarciasse le coscienze. Ma non è per questo che Papa Francesco è il personaggio del giorno. Troppo semplice. Lo hanno scritto tutti della sua contemplazione davanti a quel luogo di memoria, davanti a quella mattanza gratuita e folle. No, Papa Francesco è il personaggio del giorno perché ha rotto quel silenzio solenne con parole che nessuno, sinora, nessun potente della terra, ha pronunciato. Davanti alla folla dei giovani riuniti a Cracovia, congedandoli, dal balcone dell’arcivescovado rivolge questa frase: “Io non vorrei amareggiarvi, ma devo dire la verità: la crudeltà non è finita ad Auschwitz. Perché oggi si tortura la gente, ci sono uomini e donne nelle carceri sovraffollate, vivono, ma come animale. Oggi c’è questa crudeltà”. Son rimasto in silenzio, come colpito intensamente da quelle parole. Ho soppesato il senso, ho misurato tutte le coordinate. Papa Francesco ha compiuto un gesto laico e ha commentato laicamente. Anche oggi si tortura la gente, anche oggi ci si dimentica delle molte sofferenze quotidiane. Anche quando respingiamo un altro uomo compiamo un gesto terribile perché costringiamo quell’uomo alla disperazione. Per lui non avere casa, non avere un futuro è come camminare sul selciato di Auschwitz, a calpestare il terrore solo e disperato, condannato all’eliminazione. Oggi il gesto più laico lo ha compiuto il primo dei cattolici. Ed è stato un bel gesto. Oggi, quell’ebreo che scrisse a Dachau la struggente frase “sono stato qui e nessuno si ricorderà di me” è meno solo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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