E così il più prezioso dei nostri segreti, la longevità, se lo sono comprato a buon mercato gli inglesi a un’asta fallimentare. Appena 258.000 euro per mettere le mani sull’architettura genetica degli ogliastrini. Con quei soldi non ti compri manco una villetta nella costa meno pregiata di Sardegna. Sono bastati, invece, per consentire a un manager italo americano, Gabriele Cerrone, di avere tra le mani la ricetta dell’elisir di lunga vita che la gente di Talana, Perdasdefogu, Triei, Ussassai, Seulo, Loceri, Baunei, Escalaplano, Urzulei aveva gentilmente donato, sottoponendosi alle campionature e firmando un consenso informato che sarei curioso di vedere per verificare se contemplasse la futura vendita al miglior offerente del prezioso corredo.
Tutto comincia nel 2000, anno in cui vede la luce Shardna, nata dalla collaborazione tra Renato Soru e il genetista Mario Pirastu, direttore dell’istituto di genetica della popolazione del Cnr. La società è a capitale in gran privato ma gode di una minima partecipazione pubblica. Soru mette quasi tutti i soldi e detiene l’84% delle quote; il resto sono piccole partecipazioni di Cnr, Banco di Sardegna, la clinica Tomasini di Jerzu e la Sfirs, finanziaria della Regione. Il progetto è ambizioso: effettuare una sorta di mappatura genetica di alcune zone dell’Ogliastra, dove si registra un tasso di centenari tra i più alti al mondo. Per capire quale sia l’architettura della vita più “solida” e perché si registri proprio in quell’angolo di Sardegna, agli antipodi rispetto all’altra area del pianeta dove la vita è meno fragile, cioè l’isola giapponese di Okinawa. Uno studio imponente e complesso che ottiene l’appoggio logistico e soprattutto finanziario delle istituzioni regionali e locali. Shardna incassa soldi pubblici, impiega dieci dipendenti e, negli anni, porta a casa 11.700 profili genetici completi.
Nel 2006 Renato Soru, nel frattempo divenuto governatore della Sardegna, decide di vendere Shardna, già in crisi, per evitare il conflitto d’interessi. A chi vende le sue quote, Renato Soru? Alla Fondazione San Raffaele di don Verzè, vicinissimo a Silvio Berlusconi. Ora, fate memoria. Qualche anno dopo il Cavaliere comincerà a promettere la cura del cancro entro pochi anni, ad investire su un’azienda biomedica e a finanziare ampiamente il progetto “Quo vadis” dello stesso don Verzè che aveva l’obiettivo di far vivere tutti per almeno 120 anni. Coincidenze? Chissà.
Comunque sia, Renato Soru vende la sua creatura per circa tre milioni di euro ed esce definitivamente dall’affare. Alcuni analisti economici criticarono l’operazione definendola dispendiosa e dannosa per il San Raffaele; non sapevano, probabilmente, che nel giro di pochi anni la Fondazione sarebbe stata travolta dai debiti maturati in operazioni ben più folli. A noi vien da pensare che quei tre milioni, in realtà, fossero pochi. Ma sembra che la parola “inestimabile” non abbia applicazione pratica quando tutto, compresa l’essenza stessa dell’uomo, può finire in vendita e, se fortunati, essere comperato ai saldi.
Il resto è storia arcinota. Nel 2011 la Fondazione San Raffaele va in malora e, con essa, Shardna e il suo tesoro genetico. Alla torta si aggiunge pure la ciliegina. In sede di concordato, Shardna viene esclusa perché dichiarata non interessante e finisce dritta in liquidazione. E così, nonostante il valore della società, secondo le stime degli operatori del settore farmaceutico, fosse di circa 4 milioni di euro, Shardna si ritrova in vendita al miglior offerente come un qualsiasi altro bene pignorato a un imprenditore fallito. Chiunque potrebbe avanzare un’offerta e, anziché una casa o un capannone, portarsi a casa l’architettura genetica dei centenari sardi, il segreto della blue zone, i dati ultrasensibili di un’intera popolazione.
Come sia finita questa storia ce l’ha detto, ieri, nientepopodimenoché il Financial Times. A portarsi a casa la banca genetica più preziosa del mondo, in cambio di un piatto di lenticchie, è stata la Tiziana Life Sciences, società inglese guidata da Gabriele Cerrone, ciociaro di 43 anni che ha fatto carriera negli Stati Uniti investendo in start up farmaceutiche, uno che la ricerca sa come farla valere in Borsa. Ma è davvero quello che volevamo?
In conclusione. Il lavoro dello staff di Shardna, i soldi pubblici investiti per la ricerca, la disponibilità degli ogliastrini a concedere il proprio patrimonio genetico, il “marchio” pregiato dell’isola dei centenari è stato acquistato per 258.000 euro, a fronte dei 3 milioni incassati da Renato Soru a suo tempo per cedere la società all’amico del suo avversario politico. Sul territorio oggetto dello studio non c’è stato alcun ritorno economico. Nessuno sa come saranno utilizzati i dati e, considerato che il Garante della privacy non è roba da far tremare i polsi, non resta che affidarsi al buon cuore dell’acquirente. La società, stavolta, è interamente privata. La Regione, le istituzioni, una qualsiasi forma di tutela della collettività interessata, non sono presenti. Insomma, ci hanno fottuti. A kent’annos.
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