Il 1968 non fu solo maggio francese e rivolta studentesca. L’uomo che vedete nella foto si chiama William Calley e oggi ha 74 anni. Quando ne aveva ventiquattro, da sottufficiale dell’esercito americano, diede l’ordine di uccidere 347 persone (ma il numero era probabilmente superiore), inermi abitanti del misero villaggio vietnamita di My Lai. Chi ha visto “Platoon”, il film di Oliver Stone del 1986, più o meno sa come siano andate le cose. Per l’uccisione di 347 persone, per le torture ai vecchi, per gli stupri alle donne e per il massacro dei bambini, Calley pagò con tre anni e mezzo di carcere. Avete letto bene: la più grande democrazia del mondo ha ritenuto che per punire il responsabile della strage immotivata di 347 persone tre anni e mezzo di carcere fossero sufficienti. A dirla tutta, è ancora peggio. Perché il processo a Calley, iniziato il 17 novembre del 1970, si concluse con la sua condanna all’ergastolo. Ma il giorno dopo Richard Nixon, presidente della più grande democrazia del mondo, stabilì che tutto sommato massacrare 347 civili inermi non era colpa così grave. La pena venne ridotta a tre anni e mezzo e Calley nel 1974 uscì definitivamente dal carcere. Poi, una decina d’anni fa, chiese scusa per quell’orribile crimine. La letteratura su questa vergognosa pagina della storia americana tende a considerare Calley un capro espiatorio, l’unico ad aver pagato per violenze ordinate dall’alto della gerarchia militare americana. Sarà anche così, ma è anche vero che la strage di My Lai divenne di dominio pubblico perché nella compagnia Charlie che Calley comandava ci fu chi non rispettò la consegna del silenzio, ma sarebbe meglio dire omertà, e raccontò al giornalista indipendente Seymour Hersh tutta la verità. E benché il giovane ufficiale Colin Powell, incaricato di svolgere le indagini, avesse considerato poco attendibili le testimonianze, alla fine l’orrore emerse. Il colpevole alla fine venne condannato. A tre anni e mezzo. Di arresti domiciliari.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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