L’ennesima tragedia del mare e della disperazione provocò 562 vittime, ma il bilancio finale è rimasto incerto per l’impossibilità a recuperare tutti i cadaveri o a dividere i corpi rimasti nelle cabine, aggrovigliati l’un l’altro, a sedici metri di profondità. Però quella che l’agenda vi racconta oggi non è una strage di migranti africani in viaggio nel Mediterraneo, col miraggio delle coste italiane a lenire dolore, privazioni e paura. No, il naufragio della Utopia risalente al 17 marzo del 1891, esattamente 125 anni fa, avvenne all’interno del porto di Gibilterra, mentre il piroscafo inglese tentava di attraccare per l’ultimo scalo europeo prima della traversata atlantica. E i morti, quei morti, erano quasi tutti italiani. Migranti napoletani e di tutto il meridione che si erano imbarcati per tentare l’avventura americana, accettando condizioni di viaggio estreme pur di sfuggire alla fame e costruirsi una speranza. L’Utopia, dopo aver fatto scalo a Trieste e Napoli, alle 18 di quel 17 marzo 1891 – nel giorno del trentennale dell’unificazione – si prepara in condizioni climatiche difficili a raggiungere Gibilterra, dove due navi militari inglesi sono alla fonda. Ma contro una di queste, per una manovra errata del comandante, il piroscafo va a schiantarsi, inabissandosi in meno di 20 minuti. A bordo vi erano circa 880 persone. Qualcuno riesce a mettersi in salvo tuffandosi e sfidando le acque gelide del porto, per gli altri non c’è scampo: muoiono affogati, intrappolati nelle cabine dove erano ammassati. Erano 562 e di molti di loro neppure si conoscono i nomi. Ho scritto “l’ennesima”, perché non fu la prima strage per i migranti italiani di quel tempo: altre navi della speranza affondarono prima della Utopia. Erano italiani, appunto. Ma ce lo siamo dimenticati o forse non lo abbiamo mai saputo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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