Il 17 dicembre del 1903, per la prima volta nella storia, un rudimentale aereo decollato da una spiaggia della Carolina spiccava il volo, percorrendo poche decine di metri prima di posarsi dolcemente a terra. Non era un aliante, ma un mezzo motorizzato comandato da un uomo. A pilotarlo era Orville Wright, titolare assieme al fratello Wilbur di una modesta officina per la riparazione di biciclette a Dayton, in Ohio. Orville e Wilbur, fratelli inseparabili, sono oggi ricordati come i padri dell’aviazione. Ci si appassionarono sin da bambini quando, alla fine dell’Ottocento, si moltiplicavano gli esperimenti per la realizzazione di macchine volanti promossi da scienziati e appassionati. Le loro osservazioni sulle traiettorie degli uccelli permisero di giungere a fondamentali intuizioni sull’aerodinamica, indispensabili per la creazione del Wright Flyer, il primo aereo della storia. I fratelli Wright erano gli unici della numerosa famiglia cui appartenevano a non aver conseguito un titolo accademico: tutto quel che sapevano era frutto di studi spontanei, intuito e osservazione. Mi piace sottolineare quest’aspetto, convinto come sono che non sia indispensabile una laurea per lasciare un solco profondo nella storia.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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