Peter Fechter aveva 18 anni e amava più la libertà della sua stessa vita, come disse il telegiornale la sera della sua morte. Muratore a Berlino est, decise di scappare dalla parte opposta della città pochi mesi dopo aver visto costruire il muro che per altri 28 anni avrebbe separato la zona d’influenza sovietica da quella occidentale. Un limite invalicabile, difeso dalle guardie armate della Volkspolizei. Quando Fechter e un suo coetaneo tentarono la fuga, quel 17 agosto 1962, sapevano bene a cosa andavano incontro: in pochi mesi 26 tedeschi orientali erano stati già fulminati dai proiettili sparati dai gendarmi di frontiera, una piccola parte dei 138 morti registrati fino al febbraio del 1989, quando a cadere fu lo studente ventunenne Chris Gueffroy. L’ultima vittima, prima del crollo di quell’assurda barriera. Ma torniamo a Peter Fechter che, in quella giornata estiva, si è nascosto in un negozio per studiare i movimenti delle guardie. Colto un attimo di distrazione dei Vopos, Peter e il suo compagno Helmut Kulbeik partono di corsa verso il muro, per scavalcarlo e fuggire. Helmut ce la fa, Peter no. Viene colpito alle spalle, crolla a terra in quella stretta terra di nessuno alla base del muro, ma è cosciente. Si lamenta, ma i due Vopos non intervengono e neppure permettono a chi sta dalla parte opposta di prestare i soccorsi, nonostante le proteste e l’indignazione della gente. Peter muore dopo un’ora di agonia, sotto i flash dei fotografi e l’occhio delle telecamere delle televisioni di tutto il mondo. Una fine orribile, disumana, inaccettabile, voluta dalla mostruosa crudeltà di un regime che non aveva pietà, neppure per i sogni di un ragazzino diciottenne. Trentacinque anni dopo, le due guardie che spararono a Peter Fechter vennero condannate ad un anno di carcere.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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