Il 16 luglio del 1950 si consumò un dramma calcistico mai dimenticato. La sconfitta contro ogni pronostico del Brasile contro l’Uruguay. Quella sconfitta ha una nome: Maracanazo ed è lì a dimostrare che le sfide si devono sempre accettate. Oggi, dunque, la nostra agenda parla di una sfida di una squadra data da tutti per sconfitta che, giocando con il tempo, la pazienza e lo spirito giusto ha vinto contro ogni previsione: la squadra di Sardegnablogger. Nata in un campetto della periferia del web, è diventata sito, associazione culturale, organizzatrice di eventi come il reading che proprio stasera è programmato sul mare, in barca, a Porto Torres. Ma che squadra è quella di Sardegnablogger, che schemi usa, chi è l’allenatore, come si muove sul campo? Provo a raccontarvela da vicino questa piccola squadra che in meno di tre anni è riuscita a fare opinione, ad avere oltre 12.300 fan e i suoi articoli hanno avuto quasi otto milioni di letture. Mica cotiche, direbbe qualcuno.
Dunque, in porta gioca Francesco Giorgioni che è anche il capitano della squadra. A noi piace l’idea che sia il portiere il nostro capitano perché se dovessero succedere casini in campo lui è il più fresco, quello che ha la prontezza di capire come si è svolta l’azione e di intervenire. Ha la capacità di leggere benissimo le partite. E’ una sorta di allenatore ed è uno dei pochi che ricorda, a tutti, le regole. Come portiere ha degli scatti fulminei nonostante non sia un grande amante delle diete. Il terzino destro (fluidificante direbbe Pizzul) è Tore Dessena. Apparentemente lento nei movimenti, distratto ed evanescente come tutti i creativi riesce però, nel momento topico dell’azione, a trovare il pezzo giusto, le parole adatte per quei pezzi che nessun altro riuscirebbe a scrivere. Rude difensore della cultura rock, ha un’ottima penna per parlare di sport e dintorni. Terzino sinistro la Cabrini de noartri: Maria Dore, la più giovane e promettente atleta di tutta la squadra. Precisina, usa correggere le virgole e i refusi come i ragazzi del Barcellona utilizzano il tiki taka: sino allo sfinimento. Però la sua attenzione permette a tutti sicurezza: l’avversario, ovvero l’errore, con lei non passa. Mediano di spinta (utilizzo i termini di una volta perché sono, indubbiamente più romantici) sono proprio io: Giampaolo Cassitta. In fondo un burocrate medio non può che fare una vita da mediano con la consapevolezza che con questa squadra prima o poi un mondiale lo vinco di sicuro. Sto in mezzo al campo e vengo utilizzato per molte cose:soprattutto per i coccodrilli. Io, quando penso allo stopper, penso a Benetti: ruvido e dolce come Fiorenzo Caterini. Roccioso, fermo, risoluto, come un gigante di mont’e Prama. Difensore con grande acume delle tradizioni sarde, i suoi articoli sono pietre miliari per noi di Sardegnablogger. Da leggere e rileggere. Uno stopper d’altri tempi che marca a uomo la notizia. Andrea Viola è, per antonomasia il libero. Non deve marcare, non può marcare, non sa marcare. Gli riesce benissimo recitare a soggetto, scrivere quando vuole, con leggerezza. Osserva sempre il campo dall’alto e, quando si volta regalando lo sguardo agli spettatori, con un sorriso dirà: “buonanotte sognatori”. Io ho sempre pensato al sette, alla mezz’ala destra, a giocatori come Causio e Claudio Sala: gente che corre sulla fascia e poi crossa regalando l’assist al centravanti che riesce, con questi mirabili passaggi, a segnare. A destra abbiamo Luca Ronchi, un finesseur sublime, uno dal passaggio smarcante, dalla battuta fulminea, dalla pennellata dolce. Le cose che scrive sono mirabili palombelle miste ad un’intensa poesia con odore di mare. A sinistra, invece Nardo Marino. Oltre a crossare riesce anche a contrastare i difensori, entrare nella mischia, difendere il pallone e rilanciarlo. Ha momenti di rara bellezza ma alcune volte si concede qualche attimo di pausa. Come tutti i fuoriclasse. Il numero dieci, il divin codino, il Platini che scruta, lo Zidane, il Del Piero, il Totti, colui che con un pezzo riesce a destrutturare la realtà e regalarci nuove visioni è uno che si rifiuta di guardare il calcio da quando Omar Sivori ha smesso di giocare. Cosimo Filigheddu è il regista per eccellenza, quello che il pezzo lo vive dentro, lo cova, lo modella, lo cuce a piacimento di tutti e lo regala come si regala una giocata mirabile di un vero fuoriclasse. Come sapeva fare, appunto, Sivori. Il centravanti di sfondamento. il Bobo Vieri, il Pablito Rossi, il Pruzzo rivisitato e corretto è la piccola Romina Fiore. Pronta, scattante, aitante, fisico asciutto, penna particolarmente felice, riesce a segnare da qualsiasi punto dell’area: di tacco, di testa, di petto. Però, in fondo, è un falso nueve. In alcune occasioni si lascia andare a passaggi di romanticismo che imprimono una singolare bellezza alle sue giocate. Se il Cagliari ha avuto Gigi Riva e ha poi ritirato il numero undici dalle magliette noi abbiamo Alba Rosa Galleri. Attaccante di razza, sempre abile nello smarcarsi, battuta pronta, sagace, dribbla i difensori con una leggerezza incredibile, dispensa saggezza e agonismo ed è lottatrice vera: una che sta tutta quanta in un pezzo e sa segnare anche con palle apparentemente impossibili. Abbiamo anche una discreta panchina: sono i nostri contributi esterni che, di tanto in tanto giocano scampoli di partita. Sono davvero tanti e tutti molto bravi e preparati. Questa squadra, dunque, si è presa la soddisfazione di giocare con molti avversari e di vincere. Come l’Uruguay il 16 luglio 1950. Dimenticavo l’allenatore. Ma, a questo punto, è semplice: abbiamo scelto il più grande allenatore di sempre. Colui il quale si accorge degli errori, urla come non mai e se giochi male ti lascia e non ti convoca più. Quell’allenatore si chiama pubblico. Siete voi. Buone letture a tutti.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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