Oggi con la macchina del tempo ce ne andiamo in un posto fuori dal tempo, a Coney Island, un posto in cui non sono stato mai. Conosco questo quartiere-penisola di New York solo per le volte che l’ho sentito nominare in canzoni, film e libri che parlano degli Stati Uniti. Ascoltatevi “Take it with me” di Tom Waits. È una canzone bellissima, carica di una nostalgia violenta come molte dello stesso autore. Coney Island viene nominata di passaggio ma è come se tutto il brano fosse ambientato lì, in quel mondo intrappolato per sempre dentro il suo ultimo tramonto. A Coney Island, dicono, nel 1870 fu venduto il primo Hot Dog, e l’immaginario evocato da questo piatto tipico del costume americano (festa, casino, birra, fumo, baracconi, folla, tramonto, fine della festa) è identico a quello evocato dall’idea stessa di Coney Island, un posto che racconta una storia di sé stesso che probabilmente non è mai avvenuta, ma che tutti hanno sognato, desiderando che fosse vera. A Coney Island, dicono, il 16 giugno del 1884, esattamente 133 anni fa, venne presentato al mondo il primo ottovolante. Negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento vide la luce il primo parco giochi moderno. Per battezzarlo fu scelto un nome particolarmente fortunato: Luna Park. Come i romanzi di Verne, come i film di Meliès, credo alludesse al sogno già in voga di conquistare la Luna, destinato a restare sogno per altri settant’anni. Nel 1927 vennero costruite, in legno, le prime montagne russe, ancora oggi tra le più alte al mondo. In quella fase magica che gli USA vissero negli anni ‘20 del Novecento, spinta forse anche dalla necessità di lasciarsi alle spalle le brutture della Grande Guerra, Coney Island crebbe e crebbe, diventando laboratorio urbanistico, luogo di ritrovo per le masse, officina di idee. La depressione successiva al ’29 e un devastante incendio nel 1932, congelarono quel boom immobilizzando Coney Island in una specie di terra di mezzo, un luogo dall’identità differita, in cui sopravvivono alcune attrattive ludiche e una marea di negozi di souvenirs, in cui si vende, ovviamente, Coney Island.
Chiudo con una curiosità, che mi rende questo posto particolarmente familiare: il nome Coney è una metamorfosi del termine olandese Konjn, che vuol dire “coniglio”. Coney Island sarebbe dunque “L’isola dei conigli”, e pare che quando arrivarono gli europei, l’isola –poi divenuta penisola- ne fosse invasa. Secondo Plinio il vecchio il nome dell’Arcipelago di La Maddalena è “Cuniculariae Insulae”, isole dei conigli.
Questa somiglianza, come la cabina di una ruota panoramica che non gira più, e resta sospesa a oscillare nel punto più alto, non significa assolutamente nulla.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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