Nel passaggio incerto e a tratti incompleto tra prima e seconda Repubblica, c’è una fase di cerniera che si può collocare tra il 1989 e il 1994, tra la caduta del muro di Berlino e la nascita del primo governo Berlusconi, tra la morte di una certa prospettiva di sinistra e lo sdoganamento di una destra che evidentemente dal paese non se ne era mai andata, e che da allora non ha fatto altro che riemergere dai bassifondi della storia.A scanso di equivoci, mi riferisco agli istinti peggiori della destra, quelli forcaioli e violenti, non certo alla destra liberale e democratica che merita critiche ma non certo insulti e che dal 1946 prende parte alla vita democratica della Repubblica.All’interno di quella bretella lunga 5 anni, se proprio si vuol trovare un anno decisivo, direi che si tratta del 1992. In quell’anno la Cassazione confermò le condanne del Maxi processo a Cosa nostra, Falcone e Borsellino vennero massacrati e si strinse il cerchio attorno a Salvatore Riina, catturato all’inizio dell’anno successivo. La lotta alla mafia però andava avanti da anni. Il Maxi processo risaliva alla metà degli anni 80, quando il muro era ancora in piedi e per il pubblico italiano Glasnost e Perestrojka erano ancora dei neologismi. Se dunque dobbiamo andare a cercare il contesto, la temperie a cui ricollegare maggiormente l’idea del passaggio tra le due repubbliche, scomoderei piuttosto la vicenda di tangentopoli e quella, collegata, delle riforma istituzionali e elettorali che ci catapultarono dall’era del proporzionale a quella del maggioritario, preparando il terreno all’alternanza tra poli e al dualismo tra Berlusconi e Prodi; tutta roba per cui verrebbe da struggersi di nostalgia ma che, andando a rileggere le cronache del tempo, ci riappare nella sua tetraggine, priva dell’alone romantico con cui saremmo tentarti di rivestire, oggi, quegli anni. E dentro quel 1992, probabilmente, c’è un giorno in cui forse ha senso collocare la morte della prima Repubblica, o almeno individuare l’inizio della sua fine, il ciglio raggiunto il quale si inizia a percepire le mutate condizioni della strada, il fondo più sdrucciolevole, il paesaggio non più così familiare, la sensazione che il mondo attorno a noi si stia sgretolando. E questo giorno, diciamo l’ultimo giorno della Prima Repubblica, è il 16 febbraio 1992: 27 anni fa. Il giorno dopo, il 17 febbraio, un pacioso ingegnere, milanese e socialista, presidente di una struttura per l’assistenza agli anziani, il Pio Albergo trivulzio, tal Mario Chiesa, viene arrestato dai Carabinieri coordinati dal sostituto procuratore Antonio Di Pietro. Le indagini degli inquirenti precedevano da circa un anno, malgrado l’iniziale stupore del mondo politico, che forse neanche intuiva il tipo di effetto domino che si stava per innescare. L’unico che, forse inconsapevolmente, mostrò nei toni di saper anticipare il costume del trentennio successivo, fu il segretario del PSI milanese, Bobo Craxi, che nel manifestare la sua sorpresa per quell’arresto, dichiarò più o meno che “il Psi è totalmente estraneo alla vicenda: probabilmente è solo iniziata la campagna elettorale”
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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