Mettetela come volete però, alla fine, in fondo in fondo (sempre meno in fondo, a dire il vero) quella punta di razzismo esce comunque. Condita da ragioni di Stato e di sicurezza, per carità, però avanza. Lo spettro che si aggira per l’Europa del nuovo millennio è quindi il “migrante”, colui che chiede asilo e dignità. A piccoli passi e con il contributo silente di tutti stiamo lentamente ricostruendo i muri. Lo abbiamo fatto prima a parole: “non possiamo accogliere tutti, aiutiamoli a casa loro, non è questione di razzismo, però. Incollati a quel però abbiamo cominciato a declinare frasi che potessero nascondere il pelo sullo stomaco di atti che tutti nei giorni votati alla festa solitamente ripudiamo ma nei giorni che possiamo definire “dispari” approviamo, seppure voltandoci dall’altra parte. Però non hanno voglia di lavorare, non si lavano e portano le malattie, non vogliono imparare la nostra lingua, non vogliono rispettare le nostre donne e la nostra cultura, hanno un modo strano di leggere il Corano, anche se abbiamo lo stesso Dio loro la vedono in maniera diversa. Però noi le bombe non le mettiamo. Certo. Diciamo che non facciamo più le crociate ma in nome di Dio (che, paradossalmente è lo stesso) abbiamo ucciso e sterminato e sempre in nome dello stesso Dio in Irlanda, nella democratica ed europea Irlanda c’è stata una guerra sanguinaria tra cristiani e cattolici. Però, non me lo ricordavo. Se ci pensate chi vuole escludere usa sempre le stesse parole e parla sempre utilizzando sempre l’aggettivo possessivo: nostro, ovvero peculiare a noi. Soltanto di noi. Un po’ come quegli egoisti ed egocentrici che continuano a ripetere in maniera compulsiva “io” e non pensano mai ad una possibilità di utilizzare il “noi”. Ecco, se ci pensate, il caso estremo dell’Austria che potrebbe chiudere completamente il Brennero minacciando l’Italia, è raccolto in questo struggente egoismo: “Se voi continuerete a far passare gli stranieri alle nostre frontiere, saremmo costretti a blindarle. Faremo noi i controlli anche sul vostro territorio”. Parole forti, piene di certezze assolute. I lavori per la barriera proseguono anche se l’iniziativa ha sollevato qualche polemica su twitter (ma servono davvero a qualcosa queste iniziative con hastag che raggiungono migliaia di follower ma che, in definitiva, rimangono appesi a quel cancelletto prima della parola?) e altri che hanno chiesto al cancelliere austriaco di trovare una soluzione politica e meno populistica di questa che potrebbe rivelarsi addirittura fallimentare. Il nostro ministro degli esteri Paolo Gentiloni si è riservato di comprendere se alle parole seguiranno i fatti. Se così fosse: “significherà che i problemi vanno affrontati insieme”. C’è un vento che non muove foglia in questi giorni di estrema confusione. Di attesa. Come se fossimo tutti davanti a quella splendida visione finale del film di Sergio Leone dove gli antagonisti si squadrano per moltissimi minuti prima di premere il grilletto. Però. Ecco, non appare molto intelligente infilarsi dentro questo strano duello di nervi, di curiose e maldestre evocazioni. La situazione è piuttosto chiara: L’Europa non esiste, era una fusione a freddo senza nessuna passione e ad alcuni sta terribilmente stretta (l’Austria, lo ricordiamo, era tra i falchi contro la Grecia, l’Italia, la Spagna e il Portogallo). La politica estera di questo governo, almeno su questo punto, ha grossi problemi di fattibilità: non è chiara la linea e cosa si intenda davvero fare con i migranti e con il problema dei flussi. Non c’è nessuno, ancora, che abbia voluto affrontare la situazione alla radice. Non è un esodo episodico. Era, semmai, abbastanza logico che gli ultimi tentassero di giungere verso il paradiso dei primi. In fondo, la storia e i suoi ricorsi sono lì a ricordarcelo. In linea di principio siamo sempre disponibili a tutto però, senza esagerare. I migranti se sono pochi colorano i nostri prati se, invece, cominciano ad essere tanti diventano il problema nazionale. Con buona pace degli evasori totali, della malavita organizzata, degli impuniti italiani. O no?
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Unisciti a 18.020 altri iscritti
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design