“Me lo aspettavo”. Questo disse della morte che stava per coglierlo don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia a Palermo il 15 settembre del 1993, nel giorno in cui compiva il suo cinquantaseiesimo anno di età. L’ultimo pensiero del sacerdote nato nel quartiere di Brancaccio è stato trasmesso dal suo stesso killer, Salvatore Grigoli, uomo della cosca Graviano ed esecutore dell’omicidio assieme a Gaspare Spatuzza. Perché la mafia ce l’aveva con Don Puglisi? Perché attraverso la sua opera di educazione nelle scuole cercava di distogliere bambini e ragazzi dalla tentazione di diventare manovalanza della criminalità organizzata. Esattamente quel che faceva, qualche centinaio di chilometri più a nord, un altro sacerdote coraggioso, don Peppe Diana, caduto sotto i colpi del camorristi casalesi. Don Puglisi sapeva che sarebbe stato ucciso, perché troppo frequenti erano diventate le minacce indirizzategli con messaggi sempre più espliciti dalla mafia. Ma non si volle fermare e quelle minacce le tenne sempre per sé, rinunciando a farne un caso pubblico. Quel “Me lo aspettavo” racchiude la rassegnazione di chi, pur sapendosi condannato, non rinuncia a combattere. L’atto di eroismo più grande.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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