Io, alla figura del Presidente della Repubblica ci tengo. Un po’ perché, da bambino, mi era simpatico Saragat, con il suo vocione cupo e quel naso incomprensibile, un po’ perché la mia maestra diceva che era il massimo rappresentante dello Stato (diceva Stato la mia maestra e non Nazione). Io, allora, credevo che quell’uomo, completamente in bianco e nero quando parlava, parlava anche a nome mio. Anzi, ero convinto fosse l’unico autorizzato a parlare a nome mio. Poi venne Leone e con lui le storie di Camilla Cederna (a quei tempi leggevo lei e Gianluigi Melega dell’Espresso). Un periodo decisamente cupo e oscuro. Ci fu il bagliore di Pertini, uomo spigoloso e padre della patria, uno che la galera, per difendere i suoi ideali, l’aveva vista dalla parte della cella. Poi Cossiga che non mi piacque (ma ero già grande e le romanticherie della mia maestra diventavano ormai ricordi evanescenti). Infine Scalfaro, il burocrate democristiano per eccellenza e Ciampi, un Presidente borghese. Si doveva eleggere il suo successore. Erano i tempi dell’ulivo e della sterile vittoria del centrosinistra. La scelta ricadde su Giorgio Napolitano, conosciuto negli ambienti del Partito Comunista Italiano come il “migliorista”. Schivo, affabile, borghese, aria da radical chic, giurava il 14 maggio del 2006 e il suo mandato che sarebbe cominciato il giorno successivo. Non avrebbe mai immaginato, il 20 aprile 2013, di dover accettare un nuovo mandato votato da chi, nel 2006 (Silvio Berlusconi) gli urlava “comunista!”. Io, alla figura del Presidente della Repubblica ci tengo forse più seriamente di chi bazzica (o bazzicava) in Parlamento.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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