Ci sono quelle storie piccole, che nessuno ricorda e che te le trovi davanti, di tanto in tanto, quando sei davanti ad una via, una piazza, una caserma titolata a persone che non conoscevi. Giuseppe Montalto, per esempio, oggi avrebbe compiuto 54 anni ed invece fu ucciso, barbaramente e vigliaccamente, il 23 dicembre del 1995, quando aveva soltanto 34 anni. Era un semplice agente scelto della polizia penitenziaria. Nato a Trapani era un figlio del Sud che aveva, come molti uomini del Sud, gli alamari del rispetto per lo Stato tatuati sulla pelle e non sopportava altri uomini del Sud che, invece, costruivano paesaggi di morte ed ingiustizia. Cominciò a lavorare presso il carcere di Torino Le Vallette e poi ritornò nella sua Sicilia, a Palermo, nel carcere dell’Ucciardone.L’agente Montalto era uomo attento, poliziotto che credeva nel suo ruolo e quando fece sequestrare un bigliettino (il famoso pizzino) fatto arrivare in carcere ai boss Raffaele Ganci e Giuseppe Graviano, fece solo il suo dovere. Quel gesto di lealtà e fedeltà fu subito condannato dai vertici di cosa nostra che decisero di ucciderlo e lo fecero davanti agli occhi della moglie incinta e della figlia di dieci mesi. Questa è la mafia, questa è la verità e quando sento qualcuno che le storie feroci raccontate nella serie Gomorra non accadono mi vergogno non per me, ma per loro. Questi personaggi continuano a seminare morte e uccidere persone innocenti o ferire, come nel caso di Napoli, bambine di quattro anni. Giuseppe Montalto è stato insignito della medaglia d’oro al valore civile e la provincia di Trapani, dal 2007 ha istituito la borsa di studio che porta il suo nome ed e assegnata ogni anno a parenti di vittime della mafia. Non ho conosciuto personalmente Giuseppe Montalto ma ho respirato il suo dovere nei molti giorni che ho trascorso all’interno delle carceri italiane a trovare risposte affinché il suo martirio non sia inutile. Non ci sono storie piccole, ci sono storie che appaiono piccole perché, a volte, non abbiamo la voglia di leggere e di ascoltare.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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