Saranno anche tempi cupi, i nostri, ma a leggere la valanga di cronaca nera sulle prime pagine dei giornali che riportano i fatti del 14 luglio 1979 c’è da mettersi le mani nei capelli.
In Gallura si contano due sequestri di persona in una settimana e quattro persone nelle mani dell’Anonima, ma sarà solo una piccola parte di un anno terribile sul fronte dei rapimenti. Notizie che relegano nelle pagine interne i funerali del povero avvocato Giorgio Ambrosoli e contendono il primato dell’attenzione all’assassinio del colonnello dei carabinieri Antonio Varisco, falciato dalle Brigate rosse a Roma.
Fa sensazione la linea della fermezza dichiarata da Giorgio Cinque, industriale milanese, padre della quindicenne Cristina e marito di Luisa Scarabozzi, sequestrate a San Pantaleo: si rifiuta di pagare il riscatto di due miliardi di lire richiesto dai rapitori, si rifiuta di accettare il ricatto. Trascorre la settimana a gestire gli affari della sua azienda a Milano, poi nel weekend sbarca in Sardegna per occuparsi delle trattative. I banditi lo contattano subito, ma lui non vuole saperne di negoziare la libertà di moglie e figlia.
Nulla si sa, invece, di Roberto Panciroli e della moglie Ornella Fontana, prelevati pochi giorni prima da un pulmino Volkswagen a Porto Taverna, vicino Olbia.
Il Corriere della Sera invia in Sardegna il giovane Antonio Ferrari, che sarebbe poi diventato un editorialista di punta del quotidiano di via Solferino. Ferrari titola il suo reportage “Fuga dalle spiagge della Costa Smeralda”, racconta di Porto Cervo e Porto Rotondo svuotate dalla paura ma anche delle tremila lire per un gintonic ai tavolini della piazzetta. Poi intervista Bachisio Bandinu, allora quarantenne antropologo che in poche ed efficaci battute smitizza ogni aspetto romantico del banditismo sardo.
E io, oggi, continuo a chiedermi come noi sardi (non solo noi, ma anche noi) possiamo aver convissuto per decenni con questa schifosa piaga del sequestro, talora trovandole anche delle ridicole giustificazioni.
Luisa Scarabozzi venne liberata il 24 settembre dopo un conflitto a fuoco tra sequestratori e forze dell’ordine nei pressi di Mamoiada, Cristina Cinque il 27. Giorgio Cinque alla fine il riscatto lo pagò e non trattenne un commento amaro, sapendo che quei quattrocento milioni sarebbero serviti a finanziare qualche altro rapimento.
Panciroli e la moglie avevano trovato la libertà già ad agosto.
Quel giorno la Gallura è su tutti i quotidiani anche per l’incendio al largo di Tavolara del mercantile greco Klearchos, zeppo di porcherie chimiche, in navigazione tra Marsiglia e il Pireo. I diciassette membri dell’equipaggio vennero salvati ma la nave no, affondò dopo una settimana adagiandosi su un fondale di 74 metri.
E lì il suo relitto riposa ancora oggi.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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