Chissà perché quando penso a Guccini mi ritornano in mende gli ultimi anni settanta e il disco “Amerigo”. Perché la colpa è di “Eskimo”, forse una delle più belle canzoni di Francesco Guccini e di Fabrizia conosciuta nell’estate 1978 a Baja Sardinia e chissà in quale luoghi di Milano adesso naviga. Fabrizia, figlia di borghesi che si avvicina a quello che potremmo definire un “proletario”, con barba lunga e chitarra da spiaggia. Che canta piccola città bastardo posto e un vecchio e un bambino con quelle belle cose che sono le favole e, per favore, raccontane altre. Ma anche l’avvelenata, l’incazzo quotidiano, i padroni, la locomotiva, il pagherete caro, pagherete tutto, Che Guevara. L’eskimo innocente dunque, di quell’album uscito nel 1978 e acquistato in musicassetta. Lo mettevo tutti i giorni nel bar dei padroni, nella piscina di Baja Sardinia (e a raccontarlo oggi non sembra vero) alternandolo al De Gregori di Generale. Ma Guccini era tutto un altro cantare. Fabrizia non capiva, però era curiosa. E carina. Come tutte le ragazze piccolo borghesi aveva quel nasino che sapeva raccontare e faceva un po’ sognare. C’è chi ci prova aiutato da Baglioni e Battisti. Riuscirci con Guccini e “Cinque anatre” è da eroi. Figuriamoci provando le parole di Eskimo: “tu giri adesso con le tette al vento, io ci giravo già vent’anni fa”. Il problema è che io avevo solo diciannove anni e mi sembrava tutto già costruito, tutto predisposto, la rivoluzione dietro un angolo. Ed invece. Beh, invece con Fabrizia andò come deve andare perché a vent’anni è tutto chi lo sa, a vent’anni si è stupidi davvero, quante balle si hanno in testa a quell’età. Grazie Guccini, oggi è il suo settantanovesimo compleanno. Per me e per quelli come me ancora corre corre la locomotiva. Auguri, di cuore. E a culo tutto il resto.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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