Il TG delle 20.00 quei fotogrammi violenti e brutali ce li aveva sbattuti sulla tavola apparecchiata per la cena. Apparentemente una scena uguale a tante della domenica sera: un campo di calcio, qualche fermo immagine dei goal, squadre, arbitri, calciatori, fuorigioco, falli. Ma sono certa che nessuno di noi, quel giorno, si sarebbe aspettato di assistere alla morte in diretta. Avevo ascoltato la notizia del decesso e guardato quel video, mio malgrado.
C’è un angolo di morbosa curiosità in ognuno di noi, che qualcuno soddisfa tenendo gli occhi sbarrati davanti all’orrore e che altri, invece, evitano accuratamente di accontentare. Consapevoli che l’appagamento di quell’insolito interesse porterà più danni che benefici.
Perché, se sei a dieta, un conto è che ti porgano una scatola di cioccolatini chiedendoti: – Ne vuoi uno? – E allora tu ci ragioni e pensi: – Uhm, quel dolcetto mi resta un minuto in bocca, un’ora nello stomaco e tutta la vita sulle cosce. No, grazie – Però se quella scatola di cioccolatini te la presentano mentre sei distratta allora tu, senza riflettere, allunghi una mano, afferri e mangi. Pentendoti subito dopo.
Ecco, se avessi avuto la possibilità di pensarci un attimo, io a quel video avrei risposto: – No, grazie! –
E invece sono rimasta lì a guardare, senza difese, convinta che non avrebbero avuto l’ardire di mostrarcelo fino alla fine. Pensavo che vedere un ragazzo mentre perde l’equilibrio, si accascia, e poi raccoglie tutte le sue forze, arranca, si rialza, fa altri due passi stentati per inseguire non tanto un pallone quanto la sua vita che fugge via, non fosse informazione ma spettacolarizzazione disumana. Ché la morte, sbattuta in TV senza filtri, non serve ad informare ma ammazza l’informazione.
Piermario Morosini, rimasto orfano di entrambi i genitori, un fratello disabile morto suicida, si spegne a 26 anni in un campo di calcio ucciso da una cardiomiopatia aritmiogena.
La notizia farà il giro del mondo e numerose saranno le commemorazioni in suo onore : la Spagna all’inizio di Real Madrid-Sporting Gijón, osserverà un minuto di silenzio al Santiago Bernabéu, il Barcellona scenderà in campo con il lutto al braccio. In Italia alcune squadre ritireranno la maglia n. 25, gli intitoleranno spalti e curve in alcuni stadi.
Eppure la sua patria, infagottata nell’incapacità di chi gestisce l’informazione, non ha avuto rispetto né per chi guardava né per chi veniva guardato. E’ stata proprio la sua patria a non riservargli il sacrosanto diritto di una morte dignitosa, a telecamere spente. Non ha avuto l’accortezza di evitare di dare in pasto agli spettatori quelle immagini televisive di morte. Lasciandoli impassibilmente soli nel tentare di trovare un qualche tipo di senso a tutto ciò.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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