Nel 1977 cominciai a trasmettere in una radio “libera”. Era Teleradio Alghero 101 figlia di radio sandwich, nata nel 1975, probabilmente prima di radiolina (fu una disputa anche feroce alla quale, ormai, nessuno pensa più). In quell’epoca nella mia città le radio cosiddette private erano molte: c’era quella cattolica di Radio Comunità, poi Radio Nuraghe, canale 44, radio sigma, giusto per ricordarne alcune. Il mio primo programma si intitolava “il martello di sabbia” (frase rubata ad una bella canzone di Roberto Vecchioni) e navigava tra le canzoni d’autore italiane e alcune notizie locali. Avevo 18 anni e l’assoluto diritto di raccontare stupidaggini. La radio era un veicolo importante. Le persone telefonavano e si confrontavano in diretta con noi. Ricordo una memorabile trasmissione: quella del 9 maggio 1978. In diretta dalle 11.00 fino quasi a mezzanotte. Con me c’era il compianto Massimo Calebotta ed Enzo Tilocca. Parlammo a microfono aperto di quella che quel giorno rappresentava la tragedia del nostro paese: l’uccisione di Aldo Moro. La gente partecipava e si accalorava. Molti erano per la pena di morte e noi, chiaramente, fermamente contrari. Si navigava, a quei tempi anche dentro lo strano slogan “Né con lo Stato né con le B.R.”, ma era comunque un modo come un altro per poterne discutere. Le radio “libere”, se ci pensate, sono la preistoria sulla quale nasceranno i social network, soprattutto facebook. A volte un post viene copiato e discusso da una cerchia di persone che, piano piano si allarga. Così era a nostri tempi. Le radio libere giunsero in Italia solo a metà degli anni settanta. Eppure nel regno Unito il 14 agosto 1967 entrava in vigore una legge che costrinse alla chiusura di molte stazioni radio “offshore”. La legge innescò una campagna per la legalizzazione delle radio commerciali e permise agli ascoltatori di scegliere stazioni radio in inglese diverse dalla BBC. Fu quella la scintilla che mise in moto la parola libera e diversa. La radio e, successivamente, internet. Però se qualcuno, in diretta, inveiva o diceva le parolacce, il buon Martino alla regia chiudeva subito la comunicazione. Bisognerebbe farlo anche sui social sempre più popolati da persone che non riescono mai a comprendere quanto sia stato difficile conquistare quella fetta di libertà. Noi, che abbiamo fatto la radio “libera”, ce lo ricordiamo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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