Poteva mai, quell’isoletta a nord dell’Europa, preoccupare il grande imperatore cinese della dinastia Qing, l’immenso, celeste impero? Che pretese, questi inglesi. Nel nome del libero commercio, pretendere che la Cina acquisti l’oppio dalle Indie Inglesi, e vedere il popolo cinese scadere nel vizio e nella pigrizia, imbottiti di quella pianta malefica. Questi europei! Sempre a invocare, in uscita, il libero commercio, per sollevare, in entrata, ogni sorta di barriera protettiva e doganale. Era il 1839, quando l’imperatore della Cina provava a contrastare il predominio inglese nel commercio mondiale. Si rese presto conto, però, che quella piccola, invadente isoletta europea, non era affatto innocua. Negli anni successivi, gli incrociatori inglesi batterono a tutto spiano i grandi fiumi cinesi, bombardando senza pietà, a destra e a manca, tutte le città incontrate sul loro cammino. Si inaugurò così la stagione del predominio europeo e occidentale in Cina, che fu costretta ad accettare contratti economici capestro e pesanti ingerenze nella propria economia e nella propria società. Fino alla rivolta dei “boxer”, dei pugili, del 1898. Il popolo cinese insorse, e dalle scuole di Kung Fu, che addestravano i contadini al combattimento corpo a corpo, partì la rivolta. Pugni, anche se ben addestrati, contro l’esercito. I “pugili della giustizia e della concordia”, oltre all’ostilità contro le delegazioni straniere, se la prendevano contro gli stessi signori feudali cinesi, e anche contro la nascente casta clericale cristiana, sempre più invadente e ambiziosa di posti di potere. In un clima di crescenti tensioni, di mediazioni dell’aristocrazia imperiale, di sospetti di tradimento, di attentati e di tregue, la rivolta dei contadini pugili si accentuò a causa dell’invio, “dimostrativo”, di alcuni contingenti armati di potenze straniere. Alla fine anche l’esercito regolare, con la compiacenza dell’imperatore della dinastia Qing che, ad un certo punto, per l’unità nazionale preferì indirizzare verso gli stranieri il malcontento, si schierò in parte con la rivolta. I boxer assediarono così le delegazioni straniere per quasi due mesi, rinchiuse in un quartiere di Pechino. Alcuni diplomatici stranieri, durante i tafferugli, furono uccisi, tra cui il plenipotenziario tedesco, ucciso da un capitano Manciù. Intervennero così le potenze straniere, a tutela dei “propri” interessi imperiali. Americani, europei e giapponesi inviarono le loro milizie armate, per sopprimere la rivolta. Era il 14 agosto del 1900. I corpi di spedizione armati di Stati Uniti, Giappone, Russia, Francia, Gran Bretagna, Germania, Italia, Impero Austro-Ungarico, invasero la Cina. In un clima di grande confusione, a causa, tra gli altri, dei vicerè cinesi che giocarono un ruolo ambiguo, la Cina si vide costretta, di fatto, a dichiarare guerra alle otto potenze straniere, venendo presto sconfitta. Pechino fu messa a ferro e fuoco. Gli eserciti alleati si distinsero per crudeltà ed efferatezza, non risparmiando donne e bambini. I tedeschi, per vendicare l’uccisione del loro diplomatico, partirono con l’intento di radere al suolo Pechino, e si distinsero insieme ad inglesi e giapponesi nella crudeltà efferata. Ma fu una gara generale al massacro, allo stupro e al saccheggio, con il successivo, storico, balletto di responsabilità a chi fu il peggiore. La città di Pechino, peraltro ricchissima di tesori artistici, fu saccheggiata per mesi. Fu in pratica, il declino decisivo della dinastia Qing. La Cina si vide costretta ad ulteriori concessioni alle potenze straniere, con una consistente perdita di sovranità. Non paghi del saccheggio, le avide potenze occidentali imposero un pesantissimo risarcimento di guerra allo stato cinese. L’Italia, che gestiva già diversi quartieri commerciali italiani nelle più importanti città cinesi, si vide attribuire una concessione territoriale alle periferia di Tientsin, strappata con i denti alla Francia nella gara al saccheggio, che è durata fino alla seconda guerra mondiale. Ricordiamoci di tutto questo, quando entriamo in un negozio cinese, o quando ci meravigliamo degli acquisti dell’Inter e del Milan, costosissimi gioielli “strappati” da imprenditori cinesi ad alcuni tra gli uomini più ricchi d’Italia. Perché la storia, non dimentichiamolo, è una ruota che gira.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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