“Fui quindi internata a mia insaputa, e io nemmeno sapevo dell’esistenza degli ospedali psichiatrici perché non li avevo mai veduti, ma quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii sul momento stesso in quanto mi resi conto di essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto molta fatica ad uscire. Improvvisamente, come nelle favole, tutti i parenti scomparvero. La sera vennero abbassate le sbarre di protezione e si produsse un caos infernale. Dai miei visceri partì un urlo lancinante, una invocazione spasmodica diretta ai miei figli e mi misi a urlare e a calciare con tutta la forza che avevo dentro, con il risultato che fui legata e martellata di iniezioni calmanti. Ma non era forse la mia una ribellione umana? Non chiedevo io di entrare nel mondo che mi apparteneva ? Perché quella ribellione fu scambiata per un atto di insubordinazione?” (Alda Merini)
Oggi gli effetti della legge cosiddetta “Basaglia”, dal nome del grande medico italiano che ha ispirato la legge, redatta materialmente dal psichiatra Orsini, sono discussi. All’epoca un movimento culturale e scientifico all’avanguardia sosteneva che la malattia mentale neppure esisteva: esisteva piuttosto un disagio che andava eliminato con delle cure nel contesto clinico ma anche sociale e familiare. Forse, si sostiene oggi, si era troppo all’avanguardia, si era troppo idealisti e rivoluzionari, tanto che, sostengono i detrattori della legge, sono comprovati i danni fisici, celebrali, di molte patologie mentali. Tuttavia, quel movimento culturale, che si rifaceva alle idee filosofiche, tra gli altri, di Foucault, e scientifiche del psichiatra ungherese Szasz, e che aveva trovato, con Franco Basaglia in Italia e David Cooper in Inghilterra, i ricercatori più convinti, alla fine si ridusse, nella sua applicazione pratica, alla sola legge italiana, l’unica in Europa che ebbe il coraggio di chiudere i manicomi sostituendoli con tutta un’altra serie di servizi terapeutici e sociali. Il dibattito sugli effetti della legge è ancora aperto e chiunque, volendo, può farsi una idea facendosi un giro su internet. Io non sono un esperto e quindi più che seguire il dibattito non posso fare. L’idea comunque che si sia trovato, pur con tutti i suoi limiti, un altro modo di trattare il malato mentale che non sia la costrizione e l’internamento, mi sembra che sia, al meno sul piano culturale, un traguardo di civiltà e umanità.
Le mie impronte digitali prese in manicomio hanno perseguitato le mie mani come un rantolo che salisse la vena della vita, quelle impronte digitali dannate sono state registrate nel cielo e vibrano insieme ahimè alle stelle dell’Orsa maggiore.
versi tratti da “la vita facile” di Alda Merini.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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