Il giorno che spararono al Papa avevo dieci anni, ma me lo ricordo bene. 13 maggio 1981, metà pomeriggio. Sono seduto a fare i compiti alla scrivania della mia cameretta, con la finestra aperta e la televisione 14 pollici accesa in sottofondo. La trasmissione s’interrompe all’improvviso e dal tono allarmato del giornalista capisco che dev’essere successo qualcosa di grave: sullo schermo appare piazza San Pietro, Papa Wojtyla che accarezza bambini e stringe mani durante l’udienza generale, poi l’inquadratura frontale mostra “la campagnola” – allora i fuoristrada si chiamavano così – sgommare via sul lastricato, seguita a affiancata da uomini della sicurezza in abito nero, mentre il Papa, sofferente, viene sorretto. A sparargli contro due maldestri colpi di pistola è un giovane nazionalista turco, il 23 enne Mehmet Ali Agca, evaso da un carcere del suo Paese dove era stato rinchiuso per l”omicidio di un giornalista. Lo arrestano subito, perché nella confusione resta disarmato e, riconosciuto, si consegna docilmente alle forze dell’ordine. Pochi mesi e si becca la condanna all’ergastolo. Nel dicembre del 1983 Wojtyla, ristabilitosi, va a trovare il suo attentatore nel carcere di Rebibbia, ci parla (colloquio rimasto segreto) e lo perdona. Da quel momento, Agca dice tutto e il contrario di tutto. Sostiene di essere il terminale di un complotto finalizzato a sopprimere Giovanni Paolo II. A sentir lui, volevano la pelle del pontefice gli islamici, i servizi segreti bulgari, l’ayatollah Khomeini, il cardinale Casaroli e non so chi altri. Ognuna di queste piste segue e precede un cambio di versione. Graziato da Carlo Azeglio Ciampi nel 2000, Agca torna in Turchia grazie ad una sostanziale riduzione della pena. Ma le sue rivelazioni proseguono, peraltro mai suffragate da prove plausibili. A volte sono bufale spregevoli, come quando assicura al fratello di Emanuela Orlandi che la sorella è viva e sta bene, senza poterne dare alcuna dimostrazione. Agca era probabilmente nulla più che un esaltato ed un millantatore e il suo gesto un’azione isolata, decisa e attuata individualmente. E se invece fosse davvero finito dentro qualcosa più grande di lui? Temo che non lo sapremo mai.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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