Siccome il 12 luglio del 2005 Alberto II di Monaco presta giuramento e diventa principe di Monaco e siccome l’agenda di sardegnablogger a volte è solo un appiglio per parlare d’altro, vi racconto della mia avventura con mio cugino Giovanni a Montecarlo, quando ancora regnava il papà di Alberto. Dunque, quell’anno, era il 12 luglio del 1989, io e Giovanni decidemmo di trascorrere due settimane di vacanze in Spagna e più precisamente nella Costa Brava, passando per Barcellona e giungendo fino a Lloret del Mar. Avevamo un’automobile davvero inverosimile: una Minitrè Innocenti grigia metallizzata che nessuno riconosceva, anche perchè gli italiani, a quei tempi, avevano tutti la Fiat. Partimmo da Napoli con quintali di coraggio e ci fermammo come prima tappa a Genova e, successivamente, Francia, per approdare nel principato di Monaco. Montecarlo per me ha sempre rappresentato la formula uno, la curva del tabaccaio, il Casinò, le barche luccicanti, le Ferrari che camminano dentro il tunnel. Certo, con una misera minitrè Innocenti non è che si potesse pretendere molto. Ma eravamo giovani e la fantasia superava la curva del Mirabeu bas. Decidemmo, dunque, di provare il giro che si effettua con la formula uno. L’idea era quella di accelerare e frenare, battere e levare. Ci sentivamo dei piccoli Alain Prost ma, soprattutto Ayrton Senna, l’unico pilota amato al di fuori della Ferrari. La rossa quell’anno correva con Nigel Mansell e Gerard Berger. Quest’ultimo a me piaceva ma, davanti alla classe dei piloti McLaren Senna e Prost non c’era molta storia. Il gran premio di Montecarlo, quell’anno lo vinse Ayrton Senna e Prost finì secondo, come spesso gli accadeva. Tifavamo Ferrari ma con il cuore verso Ayrton, anche perché Prost proprio simpatico non era e tra i tratti negativi era pure francese. Il nostro giro cominciò dal Casinò e affrontammo subito la curva di Mirabeau Haute, poi Mirabeu Bas, il tratto del portiere il tunnel. Decidemmo di fermarci proprio all’inizio del tunnel, in una piccola rientranza per immortalare l’attimo con la nostra macchina fotografica che, a quei tempi, era una reflex Yashika fx3. Roba molto seria, si direbbe oggi. La minitrè davanti al tunnel ci faceva davvero la sua porca figura. Uno schianto di tristezza. Ma la foto la facemmo comunque. Quella era la nostra formula uno. Passammo poi alla curva del tabaccaio, le piscine, sino a raggiungere il traguardo dove, chiaramente , non era possibile sfrecciare causa traffico e sfrecciare con la minitrè, a dire il vero, era davvero un eufemismo. Quando lasciammo il principato per dirigerci verso la Spagna mio cugino commentò: “Ma tu lo sai che domani qualcuno si chiederà: ma chi erano quei due con quella strana automobile che si facevano la foto all’imbocco del tunnel?”. Forse due imbecilli o forse due ragazzi che giocavano con le immagini, le passioni e le bellezze di quei tempi. Altri tempi. Quelli in cui Ayrton Senna ballava nelle curve di Montecarlo. Dove noi ci passammo con una minitrè grigia metallizzata. Con qualche anno in meno e con qualche passione in più.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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