Mangiavamo un bambino ogni tanto e la domenica mattina, alle nove, puntuali come alla messa, ci trovavamo in sezione. Giuseppina, Renato, Anna, Walter, Tore, Eugenio, Dino.. e tanti altri compagni e compagne.
Ci organizzavamo in gruppi di tre o quattro e ci dividevamo i quartieri: chi al centro storico, chi a Borgona, chi al Satellite, chi a Monte Angellu, e via, una decina di copie dell’Unità a gruppo per la diffusione capillare del quotidiano che rappresentava lo strumento per la propaganda delle nostre idee, del nostro programma e del pensiero politico, che informava secondo la nostra ottica sull’attività di governo e soprattutto dell’opposizione. Già perché il PCI sempre all’opposizione era!
L’Unità era il Verbo, e lo leggevamo e lo commentavamo (io leggevo prima di tutto Fortebraccio) e poi lo portavamo nelle case.
L’Unità, l’organo ufficiale del Partito Comunista Italiano.
Andavamo fieri di quel giornale, fondato da un sardo come noi, da Antonio Gramsci, che insieme ad Enrico Berlinguer è sempre stato il nostro faro.
Era il 12 febbraio del 1924, un martedì, il giorno in cui uscì il primo numero.
«Il giornale non dovrà avere alcuna indicazione di partito. Dovrà essere un giornale di sinistra. Io propongo come titolo l’Unità puro e semplice che sarà un significato per gli operai e avrà un significato più generale», aveva scritto Gramsci nella lettera al Comitato esecutivo del Partito Comunista con la quale presentava il giornale che nei primi anni aveva una tiratura di 20.000 copie.
Nelle settimane successive al delitto Matteotti la tiratura salì a 34.000 copie, ma la repressione di ogni dissenso operata dal regime fascista costrinse il giornale alla chiusura.
Tuttavia l’Unità continuerà ad essere pubblicata clandestinamente (tra Francia e Italia) fino alla fine della guerra.
Dalla clandestinità uscirà definitivamente il 2 gennaio del 1945.
L’Unità dunque riprende la sua diffusione come giornale ufficiale del Partito Comunista Italiano. A dirigerlo è stato chiamato un altro sardo, di lunga militanza nel partito, partigiano e studioso della “questione sarda”, Velio Spano.
Nei decenni successivi vi scriveranno il fior fiore dei giornalisti e degli intellettuali della sinistra italiana, da Ludovico Geymonat a Davide Lajolo, da Ada Gobetti a Cesare Pavese, Italo Calvino, Elio Vittorini, Paolo Spriano, Pier Paolo Pasolini e tantissimi altri.
Durante gli anni settanta e parte degli ottanta, la tiratura dell’Unità è arrivata alle trecentomila copie giornaliere. Erano gli anni del terrorismo, gli anni in cui il PCI era il punto di riferimento indiscusso dei lavoratori e di una gran parte degli intellettuali italiani, gli anni di Berlinguer e delle grandi manifestazioni di massa, della questione morale e dello strappo definitivo con l’Unione Sovietica.
La crisi inizia, inarrestabile, negli anni novanta e nel 1991 il sottotitolo cambia da “Giornale del Partito Comunista Italiano” a “Giornale fondato da Antonio Gramsci“
La parabola discendente è inarrestabile: nel 2014 il fallimento.
Il 25 maggio del 2018 viene pubblicato, a Roma e a Milano, un numero unico per evitare la cancellazione della testata, ma l’Unità, il glorioso quotidiano fondato da Antonio Gramsci, e che portavamo nelle case negli anni della meglio gioventù, è ormai morto.
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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