Mancano tredici giorni a Natale e loro sono tutti lì, nella Banca dell’Agricoltura di Milano.
Pietro Zendena è un proprietario terriero di Lodi che ha una gran fretta di tornare a casa, c’è la famiglia che lo aspetta e lui è corso a Milano per un affare urgente. Carlo Gaiani è lì per vendere le mucche del suo podere. Giovanni Arnoldi non ha campi né bestiame, solo un minuscolo cinemino di paese. Ma è andato in banca perché sta aiutando un amico che intende comprare un terreno e vuole sbrigare la transizione prima di Natale. C’è un sacco di gente nella banca dell’Agricoltura di Milano. Molti siedono attorno a un lungo tavolo, compilano i bollettini, si alzano e vanno verso gli sportelli. C’è anche un bambino di 10 anni che si chiama Enrico Pizzamiglio, è in quella banca con sua sorella Patrizia che ne ha 15. I genitori hanno mandato Patrizia affinché pagasse un bollettino e si sono dati appuntamento alle 16.30 in Piazza Fontana per le compere di Natale. E, in mezzo ai tanti, c’è anche lui che passa inosservato. Ci tiene a restare invisibile e sta bene attento a non farsi notare. Si avvicina al lungo tavolo, dove la gente va e viene, aspetta di trovare un posto libero e lo occupa. Ha una borsa in pelle nera, la sistema sotto il tavolo, attende qualche minuto poi si alza e va via senza la borsa. Cercando di non dare nell’occhio, così come aveva fatto fino a quel momento. Mancano 13 giorni a Natale, sono circa le 16.30, l’interno della banca è illuminato dalle luci che provengono dalla strada e si riflettono sull’asfalto bagnato di pioggia. Dopo qualche minuto ha inizio l’apocalisse.
L’uomo che ha portato la borsa con la bomba all’interno della Banca dell’agricoltura ha visto in faccia quelle che sarebbero state le vittime, i due bambini senza genitori, i signori che seduti attorno al tavolo compilavano frettolosi i moduli, i funzionari agli sportelli. Ha mollato lì la morte a orologeria e se n’è andato, lasciandosi dietro tutte quelle persone, ognuna aggrappata alla propria illusione di immortalità rinforzata dall’atmosfera di festa. È il 12 dicembre del 1969, anno di grandi conquiste, trasformazioni e scontri. Il Paese sta attraversando una rapidissima evoluzione, lotte sociali e operaie si avvicendano e l’Italia cerca di spogliarsi del vestito stretto dell’autoritarismo che, seppur cronologicamente alle spalle, impregna ancora molte istituzioni dello Stato. Tempi intrisi di manifestazioni di piazza, di scioperi, di agitazioni dei lavoratori, di scontri talvolta feroci tra manifestanti e forze dell’ordine. Ma a caratterizzare quegli anni non ci sono solo insurrezioni e sommosse, lotte fra estremisti di destra e di sinistra, l’Italia è un paese immerso in una crescita sociale e politica che sta cercando di allungarsi disperatamente verso la democrazia. Un’esplosione partita da sotto un tavolo frantuma quel ritratto. E dal boato emergerà un quadro privo di senso, un mosaico di contraddizioni con crepe madornali: depistaggi nelle indagini, intoccabilità dei funzionari dello Stato, doppiezza delle autorità, subalternità della magistratura rispetto al potere politico. L’esplosione partita da sotto al tavolo frantuma il tavolo. Frantuma tutti quelli seduti attorno. Frantuma con violenza il cammino di un paese verso la democrazia.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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