Non so se sia politicamente scorretto parlare di Jurij Gagarin però è il giorno giusto: il 12 aprile del 1961 il cosmonauta russo diventa il primo uomo a finire nello spazio: a bordo della Vostok 1 resta in orbita per 108 minuti. In patria divenne un eroe e tutti gli resero omaggio. La sua frase “ il cielo è molto nero, la terra è azzurra. Tutto può essere visto molto chiaramente” fece il giro del mondo. Così come una certa frase attribuita a lui “Non vedo nessun Dio quassù” pare non fosse davvero sua ma di Chruščëv il quale durante una sessione plenaria del Comitato centrale del PCUS disse: “Perché state aggrappati a Dio? Gagarin volò nello spazio, ma non vide Dio!” Il volo è sempre stato il sogno dei letterati così come quello di toccare la luna. Volare nello spazio è il disegno che avvicina all’infinito. Capire chi quell’infinito lo ha dipinto non è cosa semplice. Gagarin rappresentò la tenacia e la voglia di riuscirci e l’operazione per quella Russia fu molto meno poetica e più propagandistica. Era in atto un vero duello tra URRS e USA per chi sarebbe riuscito a vincere per primo la disputa. Poi gli statunitensi si presero la rivincita atterrando sulla luna e così l’uomo riuscì a costruire un bel pezzo di progresso. Di Gagarin è rimasto il mito, quell’uomo solo nell’infinito cosmo ad osservare ciò che qualcuno o qualcosa ha reso possibile. Deve essere stato bello sbirciare la terra da lontano: tutto era molto chiaro e silenzioso. Gli uomini e le loro bassezze dall’astronave non si sentivano. E forse è questa la vera poesia.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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