Il 12 aprile del 1633 la Chiesa Cattolica dà inizio al processo contro Galileo Galilei, scienziato e simbolo dell’ingegno tra i più alti che la nostra storia e civiltà abbiano mai espresso. Galileo, come sappiamo tutti oggi, sosteneva la teoria copernicana contro quella aristotelica tolemaica preferita dalla Chiesa. Il Sant’Uffizio lo avrebbe condannato all’eresia e costretto all’abiura, nonché al carcere a vita, pena poi alleggerita in una sorta di arresto domiciliare nel giugno di quello stesso anno. Il genio pisano aveva dato alle stampe il Dialogo sopra i due messimi sistemi quattro anni prima: era in quell’opera che Galileo riproponeva la validità dell’eliocentrismo, secondo cui sono i pianeti a girare intorno al Sole, posto al centro dell’universo e del nostro sistema. Lo fece utilizzando la tecnica letteraria del dialogo tra vari personaggi e ricorrendo ad un elemento linguistico dall’effetto dirompente: l’uso del volgare al posto del latino. la scienza veniva quindi spiegata con un linguaggio medio e comprensibile e questa relativa accessibilità del sapere potenziava la carica rivoluzionaria dell’opera. L’attualità della vicenda personale e del contributo di Galileo Galilei è mostrata da un episodio ben più recente. È di qualche settimana fa la notizia di un religioso saudita che avrebbe contestato sarcasticamente la teoria che costò la libertà a Galileo, per tornare ad una visione che vorrebbe la terra immobile. È purtroppo risaputo che i sostenitori del fondamentalismo islamico più spinto si pongano in opposizione ad alcuni fondamenti della scienza. La notizia positiva è che, con la stessa facilità con cui di tanto in tanto emergono figure come lo spiritoso religioso Saudita, si trovano scienziati di fede musulmana perfettamente in grado di sbugiardare improbabili sbandieratori di teorie pseudoscientifiche e di una visione distorta dei precetti della religione
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