Il 20 giugno del 1979 si erano svolte le elezioni per il rinnovo del Parlamento italiano. Le manovre per costruire un nuovo governo furono piuttosto laboriose. Solo il 4 agosto si riuscì a presentare la lista dei ministri e il 12 agosto 1979 il primo governo con Cossiga Presidente del Consiglio ottenne una fiducia “risicata”. (favorevoli 287, contrari 242, determinante l’astensione dei socialisti e dei repubblicani). Era un governo di coalizione centro- centro-sinistra (DC, PLI, PSDI) e sarebbe durato in carica sino al 4 aprile 1980 per lasciare posto al Cossiga II con repubblicani e socialisti nella coalizione. Sono passati molti anni e, soprattutto, Francesco Cossiga era il ministro degli Interni nel governo Andreotti voluto fortemente da Aldo Moro che si presentava alle camere proprio il 14 marzo del 1978, il giorno del suo rapimento. Allora Francesco Cossiga fece un gesto considerato da tutti “nobile”: si dimise e, come ogni buon democristiano si sedette, in silenzio, nella panchina delle opportunità. Sapeva che, prima o poi sarebbe rientrato nel gran “giro” della politica. Nessuno, o quasi, si chiese della sua ascesa repentina nelle sedie del potere sino a giungere allo scranno più alto: quello di presidente della Repubblica. Ho avuto modo di parlarne altre volte: sono cresciuto ai tempi di Cossiga con la K; anni indubbiamente più duri e complessi di quelli oggi. Nel 1979 avevo vent’anni e mi interessavo moltissimo di politica, soprattutto in una radio privata, ad Alghero. Ebbi modo di intervistare quel Cossiga del 1979 che venne prima delle elezioni per un comizio, ad Alghero, nell’allora cinema Ariston. Ci avevano affittato l’amplificazione e in cambio ottenemmo l’intervista. Furono domande sulla Sardegna e sul futuro dopo la morte di Aldo Moro. Ricordo un uomo poco schietto e poco incline al dialogo. Insomma, a me Cossiga non è mai piaciuto, i suoi giochi su Gladio, sulla P2, sui passaggi nascosti del caso Moro, quel depistaggio sibillino da Presidente della Repubblica sulla bomba della stazione di Bologna destinata, secondo lui, ad un attentato in Albania. Mischiava troppo le carte e giocava con la sicurezza di poter chiedere e ottenere. Anche troppo.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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