Quando penso a Bob Marley gli occhi corrono a Carlotta riccioli lunghi e forti, che cantava disperatamente Jammin a squarciagola nella passeggiata, ad Alghero. Quando urlava il maestrale e le si arruffavano i capelli pareva un misto tra Marley e Joan Baez primissima maniera. O, almeno, a me così sembrava. Io ho amato Bob Marley perché mi ero innamorato di Carlotta poi, come accade tra adolescenti, molte cose si raffreddano e mi rimase Bob Marley con le sue canzoni: I Shot the Sherif, No Woman, No Cry e, appunto, Jammin.
Ho sempre pensato che il sud America sia un misto di reggae, di salsa, di samba, di tango e di forte vitalità. Me ne sono accorto quando sono arrivato a Cuba e poi in Messico. Hanno tutti un andamento lento e musicale da quelle parti. Quando cammini nelle Avenide e tra le strade bianchissime, sembra quasi tutto si muova a ritmo di musica. Anche la polvere. Bob Marley è stato un grandissimo musicista ed è morto a Miami, davanti a Cuba, l’undici maggio del 1981. A me piaceva quel suo camminare lieve sulla musica, quel suo accento denso mentre urlava: “No Woman, No Cry”. Adesso lo riascolto sempre con piacere e lo faccio chiudendo gli occhi: passano i suoi capelli rasta, quelli di Carlotta, della passeggiata, del mare e del maestrale. E lontano, tra le trecce e il sole, lo vedo saltellare al ritmo incessante della malinconia: Jammin. Bob Marley, se lo osservate bene, ricorda Che Guevara. E tutto diventa musica. Dolcissima.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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