Tutti ricordiamo il 10 giugno 1981, quasi nessuno ricorda l’11 luglio dello stesso anno. L’indimenticabile tragedia di Alfredino Rampi ebbe un inizio ma, in un certo senso, anche una fine. Quell’11 luglio una squadra di vigili del fuoco scelti estrasse dalle viscere della terra il corpo senza vita del bambino di Vermicino, precipitato a 64 metri di profondità. Non c’era più la folla di centinaia di persone accorse per assistere fisicamente al tentativo di salvataggio del piccolo, caduto nel pozzo artesiano nella serata del 10 giugno e rimasto incastrato in quell’angusto budello da cui uscì cadavere oltre un mese dopo.
E non c’erano più nemmeno le troupe televisive che raccontarono, minuto per minuto, quei tre giorni di angosciosa attesa che ebbero il momento di maggiore trepidazione nel tentativo di recupero affidato ad Angelo Licheri, il fattorino di Gavoi che si era offerto volontario: era un uomo minuscolo, Angelo, in grado di infilarsi in quel cunicolo.
Prese la mano di Alfredino, ma non riuscì a tirarlo su. Lo raccontò con le lacrime agli occhi, in quell’ultima intervista rilasciata un paio d’anni prima della morte, avvenuta nello scorso ottobre.
Il 12 luglio il corpo di Alfredino rivide la luce. Io mi ricordo, come fosse ora, di quella brevissima sequenza vista nella televisione di una casa di parenti, al telegiornale della sera, mi ricordo pure di quel commento del conduttore del tiggì che spiegò come il corpo del bambino fosse stato avvolto in un sacco di juta.
Non sapevo cosa fosse la juta e lo chiesi ai grandi, ma senza dire il perché di quella domanda. Mi risposero che era come una tela e a me sembrò agghiacciante che il corpo di un bambino potesse essere infilato in un sacco uguale a quelli in cui, a certe feste di paese, avevo visto mettere i maialetti in palio sotto l’albero della cuccagna.
Non ci dormii, la notte dopo.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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