Io non lo so che cosa è di preciso il coraggio. Neppure sappiamo, tutti noi, come governare oggi l’etica della morte, tema persino affascinante ma davvero controverso, specie quando i dogmi della religione, in maniera perniciosa, interferiscono sulla libera scelta. Sono due anni che se n’è andato Robin Williams, grande attore sia brillante che drammatico; ad un certo punto della sua vita si è reso conto di avere il morbo di Parkinson, con l’aggravante di un’altra malattia degenerativa, i corpi di Lewy, che porta in breve tempo a stati di allucinazione e di demenza. Robin Williams ha fatto tanti errori nella sua vita, il più grande, sostiene lui stesso, di aver fatto uso di cocaina in gioventù, “il modo che Dio ha di farti capire che stai facendo troppi soldi”, come lui stesso ha dichiarato con una delle sue fulminanti battute. Non sappiamo se le gravi malattie degenerative che lo hanno colpito siano anche la conseguenza degli stravizi del passato e degli errori di gioventù. Sappiamo però che lui, Robin Williams, grande attore dotato di capacità recitative e comunicative fuori dal comune, non ha accettato di trasformare la propria vita, la propria realtà, in uno stato che non gli apparteneva. Meglio lasciar perdere, si sarà detto. Meglio che nessuno mi veda demente e tremolante, si sarà detto. Io sono sempre grato alle persone che hanno la rara dote artistica di far ridere gli altri. Non c’è regalo, terapia migliore della risata, anche se spesso il mondo ci porta indietro più cattive notizie che altro. “Dio ha dato agli uomini un cervello e un pene, ma non ha dato il sangue per irrorare entrambi”. E’ una delle migliori battute di Robin Williams, tanto sarcastica quanto veritiera. Ora non so come mi sarei sentito di fronte alla visione di un Robin Williams degenerato nella sua salute fisica e mentale. So che mi avrebbe fatto male, vederlo così. Figurarsi alla moglie, ai figli, ai parenti, agli amici più stretti. Io non lo so che cosa è il coraggio. Non lo so se, di fronte alla malattia progressiva, sia più giusto combattere fino alla fine, dando un fulgido esempio di attaccamento alla vita, o trovare la forza di dire basta di un botto. Penso solo che, in una società civile, sia giusto dare a ciascuno la possibilità di scegliere cosa fare della propria vita e anche della propria morte.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo.
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