Diciamoci la verità: questa scelta non l’ho mai accettata. Potevo benissimo apparire tra i protagonisti del docufilm “La cosa” di Nanni Moretti, per dire che si stava facendo un errore di valutazione e anche di marketing. Ormai i comunisti non mangiavano più i bambini, i muri erano crollati e il sol dell’avvenire era sorto, ma dall’altra parte (un po’ come ad Ecce Bombo). Il nome comunista poteva restare e nessuno si sarebbe strappato le vesti. Poi, fateci caso: un conto è essere comunista ed un altro pidiessino. Con Occhetto segretario che non riuscì neppure a raggiungere il quorum per la sua elezione al congresso costitutivo di Rimini il 3 febbraio del 1991. D’accordo, non si doveva conquistare più la rossa primavera, ma da qualche parte bisognava pure andare. Ci fu una lunga discussione sul simbolo (e le discussioni, a sinistra, sono sempre lunghe e tediose) ed infine il marketing decise per un grande albero (una quercia) con la scritta partito democratico della sinistra, con ai piedi il vecchio simbolo del partito comunista: la bandiera rossa con la falce ed il martello. Venne presentato con la dovuta enfasi il 10 ottobre 1991. Si capiva da subito che non sarebbe durata quella falce sotto l’albero. Alle prime elezioni valide (quelle del 1992) il PDS si attestò sul 16%. Una delusione totale. Mi viene in mente quel vecchio segretario di partito della mia città che quando gli proposero il sottofondo di una canzone dei Dire Straits rispose: “Bandiera rossa ci vuole che la gente la conosce, perchè a furia di cambiare non si capisce nulla e poi, scusate, ma la Chiesa mica lo ha mai cambiato Gesù Cristo?” Probabilmente aveva ragione lui. La croce è un brand che dura oltre duemila anni, mentre il PDS ha resistito solo sette anni e fu sciolto ufficialmente a febbraio del 1998. Da cosa nacque un’altra cosa. Ma cosa? A ripensarci: ma non era meglio il vecchio simbolo con la bandiera rossa così, magari, qualcuno non si sarebbe mai iscritto al partito comunista?
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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